L’incontro tra Faib, Fegica e Figisc con Eni, svoltosi nella giornata di ieri martedì 8 luglio – con buona pace del Ministero che ha sollecitato passi in avanti nel negoziato -, ha evidenziato ancora una volta la scarsa volontà dell’Azienda di giungere al rinnovo dell’accordo.
La storia di questi lunghi mesi ha visto la rappresentanza sindacale misurarsi al tavolo negoziale sui temi più importanti per i gestori a marchio, incalzare la Compagnia con proposte concrete e sostenibili, avanzare soluzioni innovative, offrendo la massima disponibilità possibile al confronto senza mai sottrarsi ai temi avanzati dall’Azienda.
Le Rappresentanze dei gestori sono rimaste al Tavolo per affrontare i temi reali del confronto: il futuro della rete, la ristrutturazione, il contrasto ai ghost, il ruolo del gestore nel mutato mercato della distribuzione carburanti, la redditività delle gestioni, l’intangibilità del margine, la necessità di garantire condizioni eque e non discriminatorie.
A questi temi l’Azienda si è sistematicamente sottratta, rifugiandosi persino dietro interpretazioni della Legge sempre più forzate e smentite pure dai Tribunali.
Eni, pur essendo leader di mercato, è apparsa confusa, non in grado di indicare e contribuire a costruire un modello di distribuzione adeguato ad un mercato equilibrato capace di rispondere alle esigenze sia degli operatori che dei consumatori.
E proprio nella profonda incertezza dell’Azienda rispetto alla crisi del mercato, al proprio posizionamento nella rete ed alle proprie strategie commerciali, che vanno ricercate le ragioni del suo comportamento dilatorio e indiscutibilmente ostruzionistico.
Eni ha dimostrato in tutte questi lunghi mesi, non solo al Tavolo della trattativa, di essere priva di una qualsiasi strategia a medio lungo termine, se non quella di corto respiro e senza prospettiva di insistere a saccheggiare quel che rimane del ruolo e del margine dei gestori e di eludere sistematicamente il quadro normativo che regola i reciproci rapporti.
Ed è con questo obiettivo che continua, nei fatti, a sottrarsi a qualunque negoziazione collettiva.
Ed un tanto mentre perdura una lunghissima fase, che si prolunga da anni, in cui è assistito non solo a strategie commerciali fortemente contradditorie, dispendiose e del tutto effimere che hanno complessivamente dissestato i bilanci del retail, ma soprattutto a pratiche che hanno teso a scaricare sui gestori gli impatti di tali scelte, dapprima con l’abuso della dipendenza economica (cluster di prezzo arbitrari, discriminazione nei prezzi di cessione che mettono in partenza il gestore fuori mercato, obbligo di contribuzione agli sconti con il margine del gestore, ecc.) e della derogazione ad accordi e contratti, infine con lo sviluppo di una rete ghostizzata (che è la negazione più assoluta del tanto propagandato modello Eni Station e che comunque, sin dal suo debutto, non ha avuto i risultati attesi dall’Azienda) che persegue – dopo averlo scientemente portato alla rovina economica – la vera e propria estromissione del gestore.
Come più volte ribadito al Tavolo di questo estenuante ed improduttivo negoziato, le Organizzazioni dei gestori non possono accettare né un ulteriore stallo rispetto al rinnovo dell’accordo, né il protrarsi dello svuotamento di ogni regola contrattuale, né la progressiva cancellazione di ogni pur minima regola di concorrenza, né che la razionalizzazione dei costi e delle inefficienze del sistema distributivo passi solo ed esclusivamente per un ulteriore ed improponibile taglio ai margini dei gestori, a maggior ragione mentre non si ritiene di operare per superare sprechi ed inefficienze che penalizzano investimenti, rete e servizi.
Di fronte a quella che appare un’autentica tattica per far fallire ogni possibile accordo ponendo via via condizioni sempre più non negoziabili, è indispensabile che il Ministero riconvochi le parti ed assuma con adeguata intensità l’iniziativa di conciliazione attiva di questa vertenza collettiva – così come peraltro previsto dalle norme di settore vigenti – acquisendo tutti gli elementi reali della controversia, non esimendosi neppure dall’entrare nel merito delle motivazioni economiche con cui l’Azienda – si ripete ancora controllata dallo Stato – elude il confronto e dietro cui si trincera per accrescere la dipendenza economica del gestore.
L’alternativa è, già oggi, un lungo ed aspro conflitto sindacale, giuridico e legale, oltreché l’affievolirsi di qualsiasi possibilità di governare il cambiamento, restituire una prospettiva di rilancio di un settore, di una rete ed infine persino di una grande Azienda che costituiscono un patrimonio dell’intera comunità e del Paese.