Come si ricorderà nei giorni scorsi il Consiglio di Stato, con un proprio parere, ha riaperto la questione delle rivendite speciali all’interno delle aree di servizio di distribuzione carburanti. Il Consiglio di Stato, in breve, ha ritenuto che è sempre consentito l’esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti aventi le caratteristiche stabilite dall’art. 28, comma 8, del DL n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011 (una superficie minima di 500 mq, a condizione che, per la rivendita di tabacchi, la disciplina urbanistico-edilizia del luogo consenta all’interno di tali impianti la costruzione o il mantenimento di locali chiusi, diversi da quelli al servizio della distribuzione di carburanti, con una superficie utile minima non inferiore a 30 mq) perché finalizzata ad incrementare la concorrenzialità, l’efficienza del mercato e la qualità dei servizi nel settore della vendita dei carburanti. Il Consiglio di Stato, annullando un provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ufficio regionale del Lazio, ha stabilito, dunque, la prevalenza della norma primaria (art. 28, comma 8, DL n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, rispetto al Dm 38/2013) che ha liberalizzato l’istituzione di rivendite presso gli impianti di carburante, ponendo quali uniche condizioni l’ ampiezza delle parti scoperte e di quelle coperte. I giudici inoltre hanno anche ritenuto che la rivendita speciale interna all’impianto va sempre istituita, addirittura con priorità rispetto alla stessa possibilità di poter avere il rilascio del patentino. Di seguito riportiamo il commento dell’Ufficio legislativo confederale. Il Consiglio di Stato, con parere reso nell’ambito di un ricorso straordinario al Capo dello Stato (n. 3054/2014), ha affermato che non vi sono dubbi sulla valenza liberalizzatrice dell’istituzione delle rivendite speciali presso gli impianti di distribuzione carburanti: essa si innesta nel dato oggettivo della diversità dell’utenza che utilizza tali rivendite, a prescindere dalla loro collocazione in centri urbani o lontani dal tessuto urbano. Il ricorso sul quale i Giudici di Palazzo Spada si sono pronunciati era teso a chiedere l’annullamento del provvedimento dell’Agenzia della dogane e dei monopoli, ufficio regionale del Lazio, sede di Roma, con cui – in applicazione dei criteri di distanza e di redditività stabiliti dal Dm n. 38/2013, “Regolamento recante disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo” – era stata comunicata l’archiviazione della richiesta di istituire una rivendita speciale presso una stazione di servizio. Sull’argomento occorre ricordare come l’art. 28, comma 8, del DL n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, preveda che, al fine di incrementare la concorrenzialità, l’efficienza del mercato e la qualità dei servizi nel settore degli impianti di distribuzione dei carburanti, è sempre consentito l’esercizio della rivendita di tabacchi presso gli impianti aventi una superficie minima di 500 mq, a condizione che, per la rivendita di tabacchi, la disciplina urbanistico-edilizia del luogo consenta all’interno di tali impianti la costruzione o il mantenimento di locali chiusi, diversi da quelli al servizio della distribuzione di carburanti, con una superficie utile minima non inferiore a 30 mq: ciò “nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche che disciplinano lo svolgimento dell’attività” e “tenuto conto delle disposizioni degli articoli 22 e 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293”. Come è noto, l’art. 22 della legge 1293 prevede che “le rivendite speciali sono istituite per soddisfare particolari esigenze del pubblico servizio anche di carattere temporaneo quando, a giudizio dell’Amministrazione, mancano le condizioni per procedere alla istituzione di una rivendita ordinaria, ovvero al rilascio di un patentino”; l’art. 23 stabilisce le regole per l’istituzione dei patentini. A tali norme si aggiunge poi il menzionato Dm n. 38: questo prevede che le rivendite speciali possono essere istituite per soddisfare le concrete e particolari esigenze di cui all’articolo 22 della legge 1293, da valutare in ragione: dell’ubicazione degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento; della possibile sovrapposizione della rivendita da istituire rispetto agli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento; del significativo pregiudizio economico che dalla nuova rivendita deriverebbe per quelle già esistenti nella medesima zona di riferimento……………….. Nella presunta legittima applicazione di questi princìpi l’Amministrazione riteneva di poter archiviare la pratica tesa all’istituzione di una rivendita speciale, per motivi inerenti il mancato rispetto delle distanze dalla più vicina rivendita ordinaria e dei criteri concernenti la redditività. Il Consiglio di Stato, invece, esprimendo il parere in oggetto, afferma con tutta evidenza che la valutazione dell’impatto economico dell’istituzione della nuova rivendita, per non risultare illegittima, deve essere svolta in coerenza con la norma primaria (l’art. 28, comma 8, del DL 98/2011), che ha inteso liberalizzare l’istituzione di rivendite presso gli impianti di carburante, ponendo solo condizioni che attengono alla ampiezza delle parti scoperte e coperte dell’impianto; la liberalizzazione, cioè, ha come presupposto solo la verifica della circostanza che l’impianto abbia certe dimensioni e che la struttura della rivendita interna abbia determinate caratteristiche, e ciò a prescindere dalla sua ubicazione urbana o extra urbana, Per le rivendite speciali collocate presso gli impianti di carburante, in sostanza, è la stessa legge che ha eliminato la possibilità di fare ricorso a criteri fondati sulla distanza ed, in particolare, all’utilizzo di tali criteri con riferimento alla ubicazione delle rivendite ordinarie. I giudici amministrativi hanno inoltre affermato, nel motivare il proprio parere favorevole all’accoglimento del ricorso, che nel caso in esame l’amministrazione deve dare conto anche delle disposizioni recate all’art. 83-bis del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, che, al comma 17, prevede la non applicabilità agli impianti di distribuzione carburante di restrizioni od obblighi riferiti alla possibilità di offrire attività e servizi integrativi, fra cui rientrano anche le rivendite di generi di monopolio; questa norma è stata modificata in senso ancora più chiaro dall’art. 17, comma 5, del decreto legge n. 1 del 2012, chiarendo che le rivendite speciali sono istituite per soddisfare esigenze particolari della clientela che utilizza le stazioni di servizio; ad esse quindi non possono imporsi il rispetto di distanze minime riferibili alle rivendite ordinarie, che si rivolgono ad una diversa categoria di utenti. Infine, un altro importante aspetto va sottolineato: l’Agenzia delle dogane, nella sua relazione allegata agli atti del ricorso, afferma che la trasmissione da parte della ricorrente di documenti necessari ad ottenere il patentino speciale (in alternativa alla richiesta di rivendita presso l’impianto di distribuzione di carburanti) configurerebbe una rinuncia implicita alla istituzione della detta rivendita speciale. In sostanza, gli interessati avrebbero presentato ulteriore documentazione tesa ad ottenere il patentino qualora non fosse possibile l’istituzione della rivendita e l’Amministrazione ha considerato questa come un’implicita rinuncia. Secondo il Consiglio di Stato detta circostanza non ha rilievo giuridico: la trasmissione dei documenti effettuata dalla ricorrente, nel
contesto della vicenda in esame, non può infatti assumere il significato di rinuncia all’istanza di istituzione della rivendita speciale; “una tale interpretazione della volontà implicita della ricorrente avrebbe dovuto essere accertata in modo esplicito e formale da parte dell’amministrazione. Il comportamento della ricorrente non è in sostanza tale da dimostrare in modo certo ed univoco la chiara e incondizionata volontà di rinunciare alla sua istanza. Pertanto non è fondata la tesi dell’amministrazione nella parte in cui connette l’archiviazione del procedimento relativo all’istituzione di una rivendita speciale ad una presunta rinuncia all’istituzione della stessa”. Ma questo assunto ci fa desumere un’ulteriore conseguenza: nella persistenza dell’istanza tesa ad ottenere l’istituzione della rivendita speciale, seppure sia stata presentata dagli interessati documentazione per ottenere in alternativa il patentino, i giudici hanno ritenuto necessariamente che, anche qualora dovessero sussistere le condizioni per il rilascio di un patentino (art. 22 della legge n. 1293), la rivendita speciale interna all’impianto va sempre istituita con priorità rispetto a quest’ultimo quando siano presenti i presupposti previsti dall’art. 28 del DL n. 98/2011. E infatti: 1. qualora fossero state presenti le condizioni per il rilascio del patentino, l’Amministrazione avrebbe proceduto almeno al rilascio di quest’ultimo, del quale peraltro non si ha notizia, e d’altra parte i giudici hanno ritenuto invece legittima la richiesta dell’istituzione della rivendita speciale; 2. qualora invece dette condizioni non vi fossero state, è pacifico che per effetto dell’art. 28 la rivendita speciale avrebbe comunque dovuto essere istituita.