Riparte, con grande ritardo, il confronto con le compagnie petrolifere per il rinnovo degli Accordi economici.
A seguito della richiesta ufficiale inoltrata nelle scorse settimane da Faib, Fegica e Figisc a tutti i principali attori della filiera petrolifera per la ripresa delle trattative e del comunicato delle tre Federazioni sullo stato di crisi del settore e dei gestori, le compagnie hanno convocato Faib Fegica e Figisc per avviare il confronto per il rinnovo degli Accordi.
La Q8 riprende il confronto il prossimo 20 luglio, mentre Eni lo fa il 28; Ip prosegue il confronto, già intrapreso tra alti e bassi, ed interrotto per il Coronavirus, il 21 luglio; EG procede a rilento.
Silenzio assordante, secondo tradizione, quello della Tamoil, che prosegue la stagione ultradecennale, di violazione della normativa di settore che impone l’obbligo della contrattazione, nell’indifferenza del Ministero dello Sviluppo Economico, cui pure spetta un ruolo di vigilanza.
La tempistica scelta dalle controparti petrolifere, ad avviso di Faib, dimostra che queste non hanno compreso a pieno “la crisi profonda, ai limiti dell’irreversibilità, che sta attraversando il settore” come denunciato dal comunicato unitario e che essa “sembra sconosciuta ai piani alti dell’industria petrolifera che non vede, non sente e non parla ma rinvia, rimanda, aggiusta le sue cose sperando in tempi migliori.” Ancora peggiore il comportamento dei retisti privati che si sono sottratti ad ogni confronto con le organizzazioni sindacali e che nemmeno questa crisi così acuta aggravata da una illegalità dilagante non sentono il bisogno di ricompattare un settore che sta andando alla deriva.
Questo mentre esplode la sofferenza delle gestioni, che continuano a fare i conti con margini sempre più insufficienti ed erogati ridotti; mentre aumenta l’allarme sull’illegalità, forzata dalla crisi derivata dalla pandemia, e non si vede nessun dibattito serio e finalizzato ad assumere provvedimenti per contrastare il dumping contrattuale, vero vulnus della rete e madre di tutte le illegalità, che anzi si allarga.
Da ciò deriva un progressivo processo di dequalificazione e impoverimento della rete e degli asset e una polverizzazione crescente dei marchi: perché una volta aperta la strada c’è sempre il più furbo dei furbi, quello più disinvolto o spregiudicato, pronto ad inserirsi, altro che ristrutturazione
Se la liturgia della tempistica imposta dalle compagnie, nonostante le pressioni delle Associazioni dei gestori, dovesse corrispondere a quella negoziale tradizionale significherebbe, una volta di più, che la lezione derivata dalla pandemia da Covid-19 non è stata compresa.
Non è possibile ripartire con le solite pretese sugli obiettivi irraggiungibili e sui traguardi sulle vendite, perché per le Associazioni dei Gestori la stagione della solidarietà è finita. In più appare sempre con maggiore evidenza che si è realizzato uno squilibrio contrattuale tra le parti che è divenuto insostenibile in assenza di un pieno riconoscimento dell’imprenditorialità dei Gestori, a partire dalla questione dei prezzi al pubblico.
Per Faib, come è stato detto nel comunicato unitario, “su questi temi o si va al confronto negoziale aperto e subito o ciascuno prenderà la sua strada”.