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Pileri al congresso Adoc: la rete carburanti va riformata profondamente con la separazione della rete vendita e il superamento dell'esclusiva

Ma da una crisi culturale profonda che si estende come uno tsunami sull’intero globo, che però ha prodotto come reazione Obama in America e gli indignados in Spagna, corrisponde la triade delle crisi economiche. Energetica, Alimentare, Finanziaria. Alle quali noi italiani ci siamo inginocchiati senza capacità di reazione. E’ vero. Non abbiamo più un Enrico Mattei.
Quei piccoli italiani, che fecero grande l’Italia ci mancano. E ci hanno fatto subire il contraccolpo della crisi energetica senza scatti d’orgoglio e senza la velocità di decisione che ci fese accaparrare risorse utili per cinquanta anni a partire dalla fine della guerra. La nostra crisi energetica è stata attenuata dalla filosofia Mattei che ci ha fatto partecipare agli immaginifici progetti dei gasdotti russo e algerino. Ora anche a quello turco, anche se con mille incertezze. Con la paura di indispettire il risvegliato gigante russo e l’ex amico e alleato libico. Di fatto, siamo nuovamente al servizio delle mitiche sette sorelle, proprio quelle che probabilmente Mattei lo hanno eliminato. A quelle gigantesse si sono aggregati gli ispanici di Petronas e i libici della Tamoil. Mentre l’Opec, in piena crisi, ha portato il prezzo del petrolio sopra i 100 dollari. Con risultati drammatici da noi che solo una politica dell’informazione quanto meno opaca non fa vedere nella sua devastante realtà. L’impennata continua dei carburanti e una politica non controllata della RCA sta producendo distorsioni profonde all’economia industriale del Paese e non solo delle Famiglie italiane. E’ necessario definire un accordo per la separazione dei produttori dai venditori al dettaglio. Oggi, con l’integrazione verticale che coinvolge l’intero globo, non esiste concorrenza alcuna. Il nostro futuro dipende anche da una effettiva ed efficace concorrenza tra gestori che porti ad un abbattimento dei prezzi. Siamo convinti, e l’esperienza delle mosche bianche senza marchio ce lo conferma, che solo da questo possiamo arrivare ad una riduzione tra l’8 e il 12% del costo finale. Significa risparmiare tra i 12 e i 18 centesimi per litro, mica stiamo parlando della bucce delle patate, come direbbe il Bersani-Crozza. Lo stato italiano deve fare la sua parte. Siamo stufi di sentire le promesse vuote dei Governi di raffreddare l’Iva sui carburanti e di abbassare le accise. Anche perché questo sistema di tassare gli italiani è particolarmente infido e foriero di distorsioni strutturali. Aumentare il gettito dai carburanti implica il vantaggio per lo Stato di incassare soldi incentivando consumi sbagliati. Non solo, favorisce la posizione morbida del Governo e dello Stato nei confronti degli speculatori, qualunque nome abbiano. Alla fine, per esperienza, sappiamo che nei settori carburanti e assicurazioni lo Stato restituisce in qualche modo i soldi alle compagnie e in più lucra un’odiosa Iva sulle nostre spalle, che noi, consumatori lavoratori dipendenti e pensionati, siamo gli unici a non poter neanche scaricare dalle tasse. Non temiamo smentite. Negli ultimi anni lo Stato ha ottenuto dai carburanti entrate supplementari importanti, non previste dai bilanci di previsione. E in questo modo ha dato il suo assurdo contributo alla crescita inflativa, al peggioramento della crisi e al ritardo nel recupero di settori produttivi importanti.