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Per gli ambientalisti europei bisogna riqualificare i consumi auto, ma il Governo italiano subisce la pressione della GDO e non vuole innovare la rete carburanti. Faib: necessario mantenere l'obbligo del terzo prodotto sulle nuove aree di servizio

L’Europa potrà centrare i suoi obiettivi salva-clima per il 2030 solo fissando standard di efficienza dei consumi di nuove auto, furgoni e camion. Nuove regole per rendere tutti i veicoli più amici dell’ambiente porterebbero ad una riduzione del 42% dei tagli necessari (almeno 30%) richiesti al settore. Quanto emerge dal nuovo studio degli ambientalisti europei di Transport & Environment, secondo cui i costruttori invece fanno pressing su Bruxelles per rinviare qualsiasi nuovo standard di efficienza dei consumi a dopo il 2030. Nel caso in cui Bruxelles decidesse di non agire, avverte lo studio di T&E, per ottenere la riduzione necessaria delle emissioni nei trasporti i Paesi dovrebbero impiegare altre misure nazionali, come le accise sulla benzina o i pedaggi stradali.
Una simile prospettiva sarebbe deleteria non solo per il settore ma anche per l’economia italiana. Bisogna invece lavorare per confermare sulla rete l’esigenza che almeno i nuovi impianti prevedano l’obbligo del terzo prodotto ecocompatibile in modo da avviare progressivamente la riconversione della rete verso consumi più virtuosi.
In questo senso si è espressa anche Rete Imprese Italia, di cui fanno parte Faib e Figisc tramite Confesercenti e Confcommercio, che nell’audizione alla Camera sul DDL concorrenza ha espresso la necessità di prevedere la “Soppressione dell’Articolo 22 in tema di concorrenza nella distribuzione dei carburanti per autotrazione, evidenziando che l’attuale conformazione del comma 17, dell’Art. 83-bis D.L. 112/2008 rappresenta un compromesso accettabile dagli operatori e dagli Enti Locali, anche in considerazione di quanto prescritto dall’Articolo 12 della Legge 59/2010 che ribadisce la prevalenza dell’interesse generale sul caso specifico.” Rete Imprese Italia ha anche affermato che “In aggiunta, si evidenzia che gli effetti dell’applicazione dell’Articolo 22 rischierebbero di compromettere il percorso finalizzato al miglioramento dell’ambiente, in quanto si toglierebbe alle Regioni la possibilità di agire con proprie Leggi per il miglioramento dell’ambiente non potendo più esse richiedere l’erogazione di almeno uno tra GPL o metano nei nuovi impianti stradali.
Tali principi si ritrovano evidenziati anche dalla stessa U.E., da ultimo con la Direttiva 22 ottobre 2014, n. 2014/94/UE, relativa alla realizzazione di infrastrutture per i combustibili alternativi nell’Unione per rendere minima la dipendenza dal petrolio e attenuare l’impatto ambientale nel settore dei trasporti; per effetto di questa direttiva agli Stati membri dovranno garantire la creazione di punti di rifornimento di metano liquido e metano compresso adeguando le proprie disposizioni normative regolamentari e amministrative.”
Nell’audizione i Rappresentanti di Rete Imprese Italia hanno affermato che “In conclusione emerge chiaramente che la soppressione dell’obbligo prevista dall’Articolo 22 non risponde ad una necessità reale di ulteriore apertura di un mercato già del tutto accessibile e dove vi è un percorso in atto di razionalizzazione della rete dei carburanti. Tra l’altro i prezzi dei carburanti – al netto della componente fiscale – risultano in linea con la media UE, dimostrando che le misure pro-mercato introdotte hanno realizzato un’efficace tutela dei consumatori. Per converso, la misura proposta risulta dannosa e in contrasto con la finalità di promuovere il consumo di carburanti meno inquinanti e gli investimenti fatti nella direzione di una maggiore sostenibilità della filiera.”
A questi elementi di riflessione si aggiungono ora le rilevazioni dei consumatori europei che chiedono misure di contenimento e riqualificazione dei consumi per autotrazione, paventando aumenti di accise ed IVA che certamente non sarebbero opportune per sostenere la debole ripresa dell’economia europea.