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Oltre il tavolo, tra i problemi e le arretratezze – Di Martino Landi, Presidente Faib

La crisi globale che ha colpito le economie dei paesi più avanzati ha prodotto profondi mutamenti nella vita civile e nel tessuto economico-produttivo dell’occidente industrializzato.
Vecchie certezze e conquiste sociali vissute come dati acquisiti sono stati rimessi in discussione, il livello di welfare in dubbio, le condizioni di lavoro riviste in peggioramento, mentre milioni di posti di lavoro sono andati persi, insieme ad una quantità mostruosa di ricchezza finanziaria che ha agito da detonatore della crisi, frenando la domanda mondiale posta alla base della caduta della produzione.
L’Italia ha sommato, in questo quadro, le debolezze strutturali del sistema paese, aggravando le condizioni di vita dei ceti più poveri e di quelli esposti alla concorrenza internazionale, le piccole e medie imprese e le aziende posizionate sull’export, quelle operanti sull’interscambio e sui ceti professionali dell’area dei servizi e delle nuove competenze.
In uno scenario di questo genere, con la crisi dei consumi e delle produzioni ancora in atto, con una competizione concorrenziale resa più aggressiva dal protagonismo dei paesi emergenti, pensare di blindare i singoli sistemi appare un operazione velleitaria e di corto respiro. Nella distribuzione carburanti, un mercato fortemente orientato dalla componente internazionale, che influenza quasi un terzo del prezzo finale, questo appare ancora più improbabile.
La globalizzazione e la delocalizzazione debbono far riflettere sulla centralità delle scelte di politiche produttive, sulla nuova allocazione dei processi di lavorazione industriale, sul superamento delle vecchie strategie del downstream.
La riflessione sulla crescita dell’extra-rete e sulla presenza sempre più aggressiva della GDO deve riguardare alcuni interrogativi di fondo: dove guarda l’industria petrolifera?, cosa pensano di fare le compagnie?
Strategie diverse e target diversificati caratterizzano i principali operatori petroliferi che si confrontano su un mercato interno diventato sempre più contendibile e alla ricerca di nuove quote di mercato nel mercato parallelo. Ci sono majors che hanno trovato il modo- miope- di sottrarsi alla necessità di investire in innovazione sulla rete ed altri che continuano a coltivare il doppio canale, altri ancora che hanno scelto di scendere direttamente alla distribuzione mettendo, con meccanismi cannibaleschi ed illegali, fuori gioco il gestore. Quel che appare è che l’industria nel suo insieme è assolutamente carente sotto il profilo degli investimenti e dell’ammodernamento della rete vendita, e questo non aiuta la competizione e la riqualificazione degli operatori, mentre sempre più cresce il peso e il ruolo della distribuzione pura.
Siamo, con ogni evidenza, in presenza di un vuoto di strategia dell’industria petrolifera, con alcuni operatori attenti al mordi e fuggi ed altri in procinto di trasmigrare.
Se vi aggiungiamo il contesto politico istituzionale, segnato da una visibile debolezza data dall’assenza sulla scena dei decisori politici, ne ricaviamo un quadro di forte preoccupazione.
E’ assordante il silenzio del Ministro dello Sviluppo Economico, quel Claudio Scajola che, incassato il via libera alla liberalizzazione del settore nell’estate del 2008, si è letteralmente e sistematicamente sottratto, finora, ad ogni confronto, dimenticando impegni sottoscritti, tavoli insediati, riforme da avviare. Sempre pronto a promettere con pubbliche dichiarazioni, puntualmente smentite dai fatti.
Come dire, passata la festa, gabbato il santo. Al Ministro, considerata la sua indisponibilità, non ci resta, intanto, che rivolgergli pubblicamente qualche domanda, che gli faremo pervenire nei prossimi giorni a mezzo stampa. Ovviamente Faib, sta lavorando ad ipotesi di nuove agitazioni sulla rete.
Lo stesso vale per il sottosegretario on. Stefano Saglia arrivato chiedendo pazienza per il ritardo e promettendo un rapido recupero ma inspiegabilmente persosi nelle nebbie padane.
Non va meglio il neo Mister Prezzi che come tutti i neofiti si ritiene portatore di novità, riproponendo cose vecchie, dette, ridette, bocciate e fuori dalla competenza dello Stato, come la potestà legislativa in materia di distribuzione carburanti e di orari, ripetendo cose inattuate da anni come l’apertura sul non oil e la maggior diffusione del pre pay, ignorando che la quasi totalità della rete ormai ne è dotato.
In un quadro così strutturato la dialettica interna alla filiera carburanti deve fare tesoro delle difficoltà oggettive e rielaborare una forte capacità negoziale della rappresentanza dei gestori, che rischia di pagare un conto assai salato all’attuale crisi generale.
Le riflessioni a cui siamo chiamati – intorno alle quali diversi soggetti si cimentano- rispondono all’esigenza di individuare soluzioni adatte alle nuove difficoltà. Ma viene da chiedersi: un quadro così fatto, segnato da tanti particolarismi, è il contesto adatto a insediare tavoli impegnativi per il futuro della filiera petrolifera italiana e per tutti i suoi addetti? a produrre quei risultati d’insieme che solo una prova corale di partecipazione può assicurare o non è, piuttosto, preferibile, dal punto di vista della rappresentanza dei gestori, un negoziato duro con i diversi soggetti della filiera: essenzialmente governo, compagnie e retisti?
I tavoli richiedono tempi lunghi, una stanca liturgia e garantiscono risultati incerti.
Il nuovo che ci aspetta non può prescindere da questi dati di scenario.
Occorre salvare la centralità del gestore nella rete carburanti, investire sulla professionalità, sulla crescita degli aspetti imprenditoriali e dell’autonomia d’impresa. Lavorare ad un ammodernamento del settore che sappia salvaguardare le peculiarità della rete italiana, fatta di servizi al cittadino, di presidio territoriale, di assistenza all’automobilista , di nuovi servizi al consumatore, con aree di servizio moderne ed efficienti, sempre più centri polivalenti di prodotti e funzioni, orientate allo sviluppo e alla sua sostenibilità.
In tale direzione, l’unità della rappresentanza è una risorsa indispensabile per la forza e la capacità negoziale e va fatto ogni sforzo per la sua compattezza. Ma occorre anche chiarezza e linearità sugli obiettivi, correttezza e rispetto nella prassi quotidiana, condivisione di un disegno strategico e spirito partecipativo, pur nella ricchezza delle diversità.
Non servono, tanto meno all’unità della categoria, unità di facciata né pasticci di retro bottega.