I problemi che attanagliano il settore della rete carburanti, e in particolare i gestori, sembrano immutati: la fattura elettronica, gli oneri fiscali, l’illegalità, la concorrenza sleale, il differenziale tra offerta self e servito, il riconoscimento dei margini contrattualizzati e dei cali carburante. Tuttavia, sul piano del rapporti tra i protagonisti della filiera qualcosa si muove in positivo: con l’Unione petrolifera abbiamo “un dialogo costante, un confronto che a volte ci vede in contrapposizione, ma sempre utile e costruttivo”, dice Martino Landi, Presidente Nazionale del sindacato dei gestori FAIB, che continua: “I tempi dei tatticismi sono finiti per tutti, oggi anche UP ha la necessità di affrontare in modo risolutivo i problemi del settore, e come non mai sta passando il concetto che se riusciamo a fare tesoro degli obiettivi comuni della filiera, la strada per raggiungerli risulta meno ripida”
Dal primo gennaio 2019 è in vigore l’obbligo per i gestori di emettere fattura elettronica ai clienti che ne fanno richiesta. Un bilancio di questi mesi?
L’obbligo della fattura elettronica ha comportato un notevole aggravio di costi per potersi dotare degli strumenti idonei per adempiere correttamente e gestire in modo veloce e sicuro tutti i passaggi dalla generazione del documento alla trasmissione al sistema di interscambio fino alla memorizzazione. Costi aggiuntivi anche e soprattutto legati all’aumento esponenziale in termini di risorse umane per poter emettere in tempo reale i documenti su richiesta dei clienti. Tutto un lavoro aggiuntivo, che fino a quella data non era ricompreso. La fattura elettronica per questa categoria a differenza di tutte le altre attività non ha sostituito quella cartacea, rimanendo inalterata la quantità di fatture emesse. Nel nostro caso la fattura ha sostituito il timbro e la compilazione della scheda carburante, operazione a costo zero che richiedeva frazioni di secondo, cosa diversa invece compilare l’anagrafica dei clienti e inserire tutti i dati obbligatori per il corretto utilizzo. A distanza di sei mesi si stima che nella distribuzione carburanti siano state emesse oltre venticinque milioni di fatture, con punte anche di qualche migliaio di documenti emessi mensilmente per qualche punto vendita. Naturalmente questa mole di lavoro ha appesantito in modo negativo l’operatività del punto vendita, in un momento di grande sofferenza del settore, dove i margini sono sempre più ridotti, la concorrenza deve fare i conti con una illegalità sempre più dilagante, gli accordi non vengono rinnovati e le vendite continuano a registrare il segno meno. Le preoccupazioni iniziali erano fondate e si sono puntualmente manifestate soprattutto nella prima fase. Oggi possiamo dire che la situazione si è stabilizzata e pur registrando ancora qualche difficoltà, rimangono tutti irrisolti i nodi legati alla nostra protesta: il rischio sanzionatorio di cui siamo chiamati a rispondere per la grande mole di documenti emessi e i costi aggiuntivi che i gestori si sono dovuti accollare.
Può elencarmi nel dettaglio tutti gli adempimenti relativi alla fatturazione elettronica?
I maggiori problemi si incontrano nella costruzione delle anagrafiche dei clienti, partite iva e codici identificativi. Poi vi sono aspetti gestionali legati al rapporto con i clienti, all’effettivo acquisto di carburante pagato in modo tracciato, alle fatture riepilogative di fine mese, differite e la documentazione da allegare in sede di deduzione e detrazione fiscale da parte della nostra clientela. Una clientela spesso non informata o male informata che arriva sul piazzale anche con pretese di fatturazioni abbinate a pagamenti in contanti, che non consentono di poter usufruire delle deduzioni. Un passo indietro: per accedere al sistema un imprenditore, nella quasi totalità dei casi, conferisce delega ad un professionista che ha, a sua volta, convenzionato il servizio con una azienda che offre il software per generare la fatturazione elettronica. Vi sono casi in cui l’imprenditore sceglie direttamente un’azienda che propone un software più economico, efficiente o integrato con il proprio portale gestionale. Sono davvero pochi i casi, almeno nel nostro settore, in cui il gestore utilizza la piattaforma messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. La delega consente all’intermediario di acquisire/assegnare le credenziali identificative del soggetto presso lo Sdi, il sistema di interscambio delle fatture: il “postino” dell’Agenzia delle Entrate dove arrivano e ripartono le fatture. Il gestore a questo punto scarica il programma di fatturazione e inizia la sua attività e, dopo un periodo in cui prende la mano con il nuovo sistema, acquisisce una certa dimestichezza. L’intermediario direttamente o per il tramite di un’azienda accreditata provvede alla firma e conservazione del documento, anche se quest’ultima si può affidare anche da altro soggetto autorizzato. Documento fiscale che poi il commercialista riceve o consulta/acquisisce per la gestione finanziaria dell’azienda.
Più facile a farsi che a dirsi, basta pagare!
Il vero problema nasce nella gestione di tutti i giorni. Passare almeno mezz’ora al giorno per emettere fatture rappresenta un peso, un aggravio amministrativo vero e proprio che prima non c’era.
Intanto avete proclamato lo stato di agitazione e chiesto un incontro urgente al Mef sugli oneri fiscali imposti alla categoria. Nel mirino in particolare i costi della fattura elettronica, le criticità relative al credito d’imposta e la trasmissione telematica dei corrispettivi. Può spiegarci quali sono in termini fiscali le ricadute sui gestori di questi tre punti?
Abbiamo annunciato lo stato di agitazione e la Faib su questi aspetti ha proclamato una giornata di sciopero nazionale, per sensibilizzare governo e parlamento ad intervenire per apportare correttivi idonei a modificare norme e circolari contraddittorie. Si sta cercando di combattere l’illegalità intervenendo a valle della filiera, quando invece l’illecito viene compiuto a monte mettendo in campo nuovi obblighi in modo confuso che non risolvono i problemi, anzi creando ulteriori squilibri verso una categoria già tartassata da adempimenti e controlli che non ha uguali nel panorama italiano. Accanimento fiscale verso i gestori, questo lo slogan che ha scelto la Faib per esporre le ragioni della protesta. Il credito di imposta concesso dal governo, che doveva compensare in parte i costi aggiuntivi legati alle commissioni bancarie a seguito di un maggior utilizzo di tale strumento di pagamento legato all’obbligo della fattura elettronica, è stato vanificato dal sistema bancario che ha raddoppiato le commissioni. L’ulteriore adempimento sull’obbligo della trasmissione telematica dei corrispettivi, ci costringe ancora una volta a fare da cavia, anticipando di sei mesi- al contrario di altre categorie con fatturati nettamente più elevati- tale obbligo. Per una formula assurda, legata alla definizione del fatturato sui carburanti, che al momento rimangono esclusi, la quasi totalità dei gestori sono chiamati ad adempiere già dal primo luglio di questo anno per vendite di accessori e servizi anche sotto i dieci mila euro l’anno , mentre il tetto per tutte le categorie rimane fissato in quattrocento mila euro. Un ulteriore balzello che costa alla categoria dieci milioni di euro, per l’acquisto dei nuovi registratori di cassa con notevole difficoltà a reperirli sul mercato; ancora una volta nell’indifferenza totale degli operatori che stanno a monte della filiera. Così facendo ai gestori vengono accollati tutti i costi aggiuntivi di sistema impedendo loro un adeguamento dei margini che sono sempre più risicati, costringendo al fallimento questa categoria.
Crippa sottolinea che dai risultati emersi dall’anagrafe carburanti il numero degli impianti incompatibili è inferiore alle attese. Cosa ne pensa di questo dato?
Dal dato che emerge risultano attivi circa ventidue mila impianti a cui gli uffici delle dogane rilasciano la regolare licenza U.T.F. e il relativo registro di carico e scarico, mentre all’osservatorio prezzi presso il MISE mancano all’appello diverse migliaia di impianti, mai registrati e censiti. Sono impianti fantasma dove avviene evidentemente di tutto. Purtroppo, a distanza di anni le amministrazioni non sono state in grado di incrociare i dati, di dialogare l’una con l’altra per far emergere questa piaga dell’abusivismo che a cascata danneggia la parte sana del settore. Certamente se prendiamo a riferimento i valori relativi alle autocertificazioni che sono state trasmesse alle autorità sulle dichiarazioni di incompatibilità, il dato è nettamente inferiore alle attese. A nostro avviso i titolari di autorizzazione chiamati ad autodichiararsi, preferiscono denunciare l’incompatibilità relativa, con l’obiettivo di rinviare la chiusura definitiva, inquinando di fatto i buoni propositi per far emergere la legalità e il sistema di regole che il settore tenta di darsi.
Il portale sta avendo riflessi anche nella lotta all’illegalità?
Il portale è stato ideato per rispondere ad una esigenza che da una parte doveva favorire i consumatori a indirizzarli nell’ acquisto del carburante e dei servizi, mettendogli a disposizioni tutte le informazioni utili per trovare la migliore offerta a seconda delle proprie esigenze, e dall’altra a promuovere quella concorrenza sana di cui il settore ha bisogno. In quegli anni non era ancora esploso il fenomeno dell’illegalità. Solo oggi, la politica si rende conto della gravità di questo fenomeno che grazie all’illegalità diffusa sottrae all’erario qualche miliardo di euro. Ci siamo stancati di suggerire nei vari convegni e confronti che l’osservatorio prezzi poteva essere uno strumento idoneo per segnalare incongruenze dettate da prezzi consigliati che si discostano in modo ingiustificato dai valori medi di mercato. Ci auguriamo che sia la volta buona e che l’osservatorio prezzi non condanni solo i gestori che si dimenticano anche per un giorno a comunicare i prezzi ma che sia anche strumento di repressione per i grandi evasori.
Quali altre misure andrebbero prese per contrastare questa piaga?
L’illegalità in questo settore ha raggiunto livelli significativi ma essa è figlia dell’abusivismo contrattuale; si annida cioè laddove gli operatori indipendenti hanno inteso comportarsi in spregio alle leggi di settore e poi hanno proseguito con l’escalation delle violazioni. Non può sfuggire che questo fenomeno si è arricchito con l’espansione delle rete no logo. In questi ultimi anni si sono presi provvedimenti più o meno incisivi per combattere questo fenomeno, ma purtroppo quando si pensa di avere trovato la soluzione giusta, puntualmente il problema si ripresenta. La tracciabilità digitale della merce durante tutti i passaggi nella filiera e la stretta sui depositi fiscali e commerciali, possono essere strumenti utili a debellare il problema più ancora della Reverse Charge, che presenta problemi applicativi enormi per i gestori, e dell’introduzione obbligatoria di nano-particelle che continua a supporre dei controlli fisici difficili da organizzare, esattamente come è già oggi. Per Faib è molto più utile puntare alla tracciabilità digitale e all’inasprimento dei controlli sui depositi fiscali e commerciali, ridefinendone profili, competenze e requisiti oltre ad appesantire le sanzioni. Ci auguriamo che si trovi in tempi rapidi la giusta soluzione, altrimenti sarà una sconfitta per tutti, dallo stato che incassa meno entrate, agli operatori onesti che rispettano le leggi a cui vengono sottratte risorse per l’ammodernamento della rete oramai obsoleta. Così come si è diffusa l’illegalità con il crescere degli operatori privati, si ritiene necessario un ritorno in Italia di operatori strutturati, che non hanno nel loro dna nessun interesse ad un impoverimento dei propri asset.
Recentemente si è aperto un altro fronte con IP. Il Mise ha assicurato l’apertura immediata del tavolo di conciliazione delle vertenze collettive. Cosa chiedete?
Al Mise abbiamo chiesto di intervenire su una vertenza che ci ha visti impegnati per oltre un anno con la nuova società Italiana Petroli, con la quale non siamo riusciti a trovare nessuna intesa sia in relazione agli accordi scaduti per entrambe le realtà petrolifere confluite nel nuovo marchio, ex Total-Erg ed ex Api-Ip, sia verso contenziosi aperti e irrisolti che si protraggono da anni sul mancato rispetto degli accordi. Abbiamo cercato con Api-Ip, un dialogo che non ha prodotto nessun risultato rispetto al mancato riconoscimento dei margini contrattualizzati, fino al riconoscimento dei cali carburante. L’acquisizione di Total-Erg da parte del gruppo Api ha determinato all’interno della categoria uno stato di fibrillazione e di malessere causato dai ritardi del nuovo management di unificare i sistemi informatici delle due realtà industriali, causando a nostro avviso anche volutamente una situazione opaca nel rapporto contabile con le gestioni che si sono viste asciugare i propri conti correnti, perdendo il controllo delle partite contabili dare e avere. Siamo consapevoli che tali processi richiedono tempo e competenze, ma questo disagio che a dire dell’azienda doveva durare al massimo qualche settimana si sta protraendo da mesi, e più passa il tempo e più soffrono i gestori, ai quali nemmeno l’azienda e i suoi addetti sul territorio riescono a dare risposte convincenti. Se a tutto questo si somma la politica speculativa che il nuovo gruppo sta attuando sui prezzi, sul differenziale tra offerta self e servito, sul ritardo cronico nel riconoscere gli accrediti delle vendite sulle carte e i buoni aziendali, sulla concorrenza sleale a danno dei propri gestori, nell’indifferenza totale dei vertici aziendali, a noi non rimaneva che aprire la vertenza presso il Mise, sperando che si possa ricomporre un clima disteso che ci consenta di arrivare a sottoscrivere un nuovo accordo che restituisca certezza con regole chiare da rispettare, consapevoli di aver a che fare con una nuova realtà che rappresenta in termini di impianti il maggior gruppo petrolifero
Come procede il dialogo con l’Unione petrolifera?
Con l’Unione Petrolifera recentemente abbiamo tipizzato il contratto di commissione sia per la rete ordinaria che per quella autostradale. Siamo impegnati sul fronte dell’illegalità e dell’abusivismo contrattuale, stiamo ragionando di come rilanciare il processo sulla razionalizzazione della rete distributiva, su come affrontare le sfide sulla rete autostradale. Insomma, un dialogo costante, un confronto che a volte ci vede in contrapposizione, ma sempre utile e costruttivo. I tempi dei tatticismi sono finiti per tutti, oggi anche UP ha la necessità di affrontare in modo risolutivo i problemi del settore, e come non mai sta passando il concetto che se riusciamo a fare tesoro degli obiettivi comuni della filiera, la strada per raggiungerli risulta meno ripida.
Avete in mente azioni anche a livello di associazione?
A livello associativo stiamo valutando le giuste azioni da mettere in campo rispetto ad un sentiment che nel settore è molto cambiato. Bisogna essere sintonizzati con la propria gente. Faib ha una rete molto diffusa sul territorio, è in quasi tutte le province del paese e siamo in grado di discutere e confrontarci con tutti quelli che vogliono costruire qualcosa di nuovo e di importante per la categoria. Stiamo facendo opera di ascolto e di confronto. Faib è un’associazione aperta e plurale, in cui la politica partitica è fuori dai ragionamenti utili alla categoria. La nostra storia è lì a dimostrarlo. Faremo cambiamenti nei prossimi mesi per consentire ai territori, che nella nostra struttura sono centrali, di esprimere con maggior vigore le proprie istanze.