La Confesercenti a Perugia, nel corso del X° Meeting, alla presenza di autorevoli economisti, studiosi, manager ed esponenti politici di primo piano fà il punto sulla situazione economica e finanziaria del Paese, tracciando un quadro di grande preoccupazione sulle prospettive a breve medio periodo per famiglie e consumatori.
“Sulla crescita economica i conti, dopo la approvazione della manovra, non tornano: dalle previsioni aggiornate Confesercenti-Ref risulta che le speranze di ripresa nel 2012 svaniscono con un Pil che crescerà solo dello 0,1% e con i consumi delle famiglie bloccati su una allarmante crescita zero rispetto al 2011 (dopo aver registrato nel 2010 l’1% e quest’anno solo lo 0,5%)". Esordisce così Marco Venturi Presidente Confesercenti nel suo intervento in apertura del Meeting Confesercenti.
"La nostra stima è che gli interventi diretti e indiretti della manovra graveranno sulle famiglie per 33 miliardi dei 54 complessivi. Se a questo scenario aggiungiamo il dramma di migliaia di chiusure di imprese commerciali e del turismo il quadro è assai preoccupante: non si dimentichi che se il saldo negativo fra aperture e chiusure prima della recessione, nel triennio 2005-2007, era stato di 80 mila imprese in meno, nel solo biennio di congiuntura negativa 2008-2009 era salito a meno 110 mila. In soli 24 mesi insomma hanno chiuso 30 mila imprese in più rispetto ai tre anni che precedono la crisi.
Anche per questo è sempre più centrale per l’Italia come per l’Unione Europea intervenire sul binomio debito/bassa crescita.
Il debito può essere gestito solo con le armi della crescita e della fiducia, tenendo conto anche dello strapotere di grandi capitali che viaggiano senza controlli da un continente all’altro alla ricerca di rendimenti vantaggiosi e dell’irrompere sulla scena mondiale di altre economie che condizionano l’andamento economico globale, dalla Cina al Brasile, dalla Russia all’India.
Servono scelte coraggiose anche in contrasto con forti interessi politici che possono essere rimossi solo con pressioni decise ed ampie dei cittadini-elettori.
Ci domandiamo infatti come è stato possibile che la politica non si sia accorta di nulla, quando solo per prendere ad esempio i dieci nostri Meeting, già da anni economisti del calibro di Fitoussi, Krugman, Fukuyama, Giddens, mettevano in guardia rispetto al terremoto economico e finanziario che si stava scatenando nel mondo.
E quando ancora nell’ultimo recente rapporto di Confesercenti-Ispo, ben l’87% degli italiani era convinto che il peggio non fosse ancora passato.
Ora però si deve prendere atto che l’unica via percorribile non è certo quella, impraticabile, del prelievo fiscale che avvelena i pozzi dello sviluppo colpendo fiducia, consumi ed investimenti, ma è quella di aggredire la spesa pubblica.
Non solo per quantità intervento, ma soprattutto per qualità.
Si ricorre come sempre alla leva fiscale, tanto che 36 miliardi della manovra sono basati sulle tasse, di cui 16 da meno agevolazioni.
Per questo vogliamo sapere se sarà caccia all’impresa o prevarrà il buon senso. Diteci se gli studi di settore saranno ancora validi o se si cambia registro.
Ecco alcune priorità che possono cominciare ad aprire spazi per recuperare risorse allo sviluppo:
– tagli nel numero dei parlamentari, membri di Governo, consiglieri, assessori;
– tagli draconiani nelle consulenze pubbliche;
– abolizione di tutte le province;
– interventi decisi su comunità montane e micro comuni;
– accorpamento di circoscrizioni e municipi;
– condividere servizi per aree vaste a partire da nettezza urbana e trasporti nonché dall’acquisto di beni e servizi.
Del resto se non si riparte dai tagli alla spesa quante manovre dovremo ancora fare? E’ da brividi pensare che per far calare il debito pubblico dal 120% cui è arrivato al 90% occorrerebbero la bellezza di 450 miliardi di euro.
E l’Italia, le famiglie, le imprese che fine farebbero?
Noi continueremo a batterci per indicare la necessità di tagli alla spesa: in tre anni con meno sprechi potremmo recuperare 20 miliardi ed altrettanti dalla cessione del 5% del patrimonio pubblico non utilizzato della Pubblica Amministrazione. Se poi si aggiungono altri 11 miliardi con la riduzione del 10% delle partecipazioni pubbliche ancora in mano allo Stato si potrebbe contare su più di 50 miliardi di euro da mettere sul tavolo al posto di nuove tasse, ma a disposizione non solo della diminuzione del debito ma anche dello sviluppo. E molto altro si potrebbe fare sulle liberalizzazioni dei settori come il gas, l’energia e la distribuzione carburanti, il trasporto locale senza mettere le mani nelle tasche degli italiani per l’ennesima volta o senza mettere in campo interventi dimostrativi sul commercio, sulle edicole o sui taxi.
Altre strade non ci sono, visto che la nostra pressione fiscale effettiva è al 54%.
Il momento è davvero difficile: si ha l’impressione che la notevole confusione politica rischi di trasformarsi in caos. Abbiamo assistito in queste settimane a proposte politiche avanzate e subito ritirate, trasformando di fatto la crisi economica in crisi politica.
Il nostro appello è quello di tornare ad essere un Paese normale e che si impegna a costruire un’Italia che funziona, equa, solidale ed in grado di far crescere il suo peso economico e politico nel mondo".
Leggi il Rapporto Confesercenti-Ref 2011