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Lettera aperta ai gestori Eni

Cari amici e colleghi,
l’involuzione della vicenda “Iperself” mi spinge a questa comunicazione diretta a tutti voi gestori dell’Eni e a denunciare, pubblicamente, l’atteggiamento antisindacale e antidemocratico di quella compagnia. Un’azione vessatoria senza precedenti- a mia memoria- nella storia delle relazioni sindacali.
Di solito tutte le campagne- sia quelle commerciali che elettorali- vengono chiuse un giorno prima della decisione (o del voto) per permettere agli interessati ( o elettori) di fare le proprie scelte senza essere condizionati dalle pressioni (o dagli spot) dell’ultimo minuto.
Questo è quello che correttamente hanno fatto le organizzazioni di categoria nei confronti dei gestori chiamati a decidere rispetto alla proposta Eni di adesione alla nuova iniziativa IPERSELF –10, con partecipazione onerosa dei gestori.
Faib, Fegica e Figisc hanno, infatti, richiamato l’attenzione dei propri iscritti, con una sistematica e massiccia campagna di informazione, sulla non obbligatorietà di firma ed adesione; sui punti considerati problematici e sulle conseguenze che l’adesione avrebbe potuto creare nei conti economici delle singole aziende e sul futuro di questa categoria.
In questo contesto abbiamo invitato ad una attenta analisi ed abbiamo correttamente dato indicazioni ai nostri colleghi di valutare gli aspetti economici e decidere, in piena libertà, l’opportunità di aderire o meno. La stessa azienda ci aveva rassicurato che l’adesione non doveva ritenersi obbligatoria. Facendo il nostro mestiere avevamo manifestato una netta contrarietà sindacale all’iniziativa della compagnia di Stato, invitando i gestori alla più ampia libertà di giudizio. Ad avvalorare tutto questo rimane il fatto che, nei giorni che hanno preceduto la scadenza all’adesione, il 30 Giugno, nessuna delle tre organizzazioni di categoria ha influenzato o condizionato la scelta dei gestori. Comportamento – a conferma del detto “chi la fa la pensa”- che ci viene rimproverato dai responsabili Eni, secondo i quali abbiamo lavorato contro l’azienda.
Sin qui l’atteggiamento limpido e lineare di Faib, Fegica e Figisc.
Non esattamente allo stesso modo si è mossa l’Eni che ha agito in modo strumentale, facendo valere l’ enorme peso contrattuale, con pressioni di ogni genere e senza riguardi per nessuno. Il metodo usato da questa azienda per strappare le adesioni ai gestori non ha precedenti e il comportamento dei suoi dirigenti è altamente censurabile. Il rapporto tra le forze commerciali e i gestori, che ogni minuto, ogni ora del giorno e della notte lavorano con uno spirito di squadra si sta sempre più deteriorando per responsabilità delle politiche commerciali che i dirigenti mettono ogni giorno su un piatto sempre più povero.
L’ adesione dei gestori alla proposta Eni va inquadrata in questo clima di pressioni ed è, essa stessa, la prova provata della distanza tra gestori ed azienda, che va crescendo, e di un’adesione carpita e strappata con stratagemmi vari e sotterfugi.
Sul terreno dei numeri l’ Eni può cantar vittoria ma su quello del confronto delle idee e della democrazia l’azienda consegue un indubbio insuccesso e scava un solcato profondo con i suoi uomini al fronte, quelli quotidianamente impegnati a garantire il successo di squadra nella difficile battaglia del mercato, e con il sindacato, con cui voleva aprire una stagione di partnership. Oggi tutti, ancor di più, sanno di che pasta sono fatti i manager di quella gloriosa compagnia nazionale. Voglio sottolineare, e ne sono certo e convinto, che senza forzature e minacce varie di ritorsioni il risultato finale sarebbe stato totalmente capovolto. Si è perpetrato un atto di violenza politico-sindacale senza il quale l’azienda non avrebbe certo raggiunto il risultato sperato e necessario per riparare agli errori del suo miope management, peraltro largamente messo sull’avviso dalle stesse organizzazioni, già tre anni fa.
Questo mi conforta nella convinzione che le perplessità avanzate dal sindacato- e la scelta di non aderire -erano giuste e fondate. Altrimenti non vi sarebbe stato il bisogno di ricorrere a pressioni inqualificabili.
Non contenti del risultato ottenuto sono poi passati dalle minacce ai fatti verso lo stesso gruppo dirigente sindacale che ha creduto fino in fondo alla scelta compiuta e si è battuto per salvaguardare il diritto di libertà e di tutela della propria autonomia imprenditoriale.
Chi vi scrive è stato- insieme ad altri nostri dirigenti- oggetto di ritorsione da parte dell’azienda.
Questo dato ha aperto un nuovo fronte, ponendo la questione di non esporre ingiustamente i nostri gestori e dirigenti al ricatto aziendale.
Cari colleghi, le minacce e i metodi ricattatori che voi avete subito e per le quali siete stati costretti a firmare è il segnale della resistenza che abbiamo saputo opporre fino all’ultimo. Abbiamo mostrato una grande capacità di tenuta e questo ha aperto, a mio avviso, una ferita difficilmente ricucibile con questa azienda, che attendiamo ai prossimi passaggi cruciali.
Cari colleghi è del tutto evidente che la ritorsione che Eni ha messo in atto, sia nei miei confronti che nei confronti dei colleghi dirigenti di Faib, intende colpire tutto il sindacato, un attacco alla democrazia e al diritto di tutela a cui si ispira.
Un attacco alla Faib, che ha scatenato una grande protesta e la voglia di riaffermare i diritti dei nostri colleghi con iniziative e risposte adeguate che sono al vaglio e saranno decise dagli organismi dirigenti, nei tempi e nei modi più opportuni. A cominciare dalle azioni di tutela legale e politico-sindacale risultando evidentemente minacciati e violati i principi di libertà associativa, di azione sindacale e di violazione dell’autonomia contrattuale e della libertà imprenditoriale e d’impresa.
In questo senso, Faib, da una lato, ha già dato mandato ai propri legali e dall’altro sta valutando la disdetta dell’accordo del 28 luglio 2009, per violazione unilaterale dell’intesa, rimettendo in discussione l’intero impianto delle relazioni e delle misure contemplate.
Per quanto mi riguarda, io ho inteso e intendo garantire la rotta. Il ruolo che mi è stato affidato dalla mia associazione non mi consente scelte diverse, devo garantire la tutela della nostra gente e non esporre nessun collega al ricatto aziendale. In questa direzione ho consultato la categoria che ha ritenuto di superare questa fase e riallineare le posizioni.
Questa azienda non può permettersi di mettere in discussione il lavoro delle nostre imprese e dei nostri dipendenti, attentando alla Costituzione e al sacrosanto diritto alla libertà di associazione e al lavoro, stabiliti dalla carta costituzionale della Repubblica nei suoi principi fondamentali.
E’ gravissimo che ciò venga perpetrato da una compagnia a capitale pubblico e di diretto controllo del Governo.
Oggi l’Eni è più sola e più debole, più lontana dai suoi gestori, persa nelle nebbie cervellotiche di una strategia che produce perdite e impoverisce le gestioni e priva di quella partnership che pure era stata auspicata.
Siamo consapevoli del momento difficile, non possiamo permetterci di aggravare la situazione con scelte penalizzanti per i nostri associati che hanno riposto in noi la loro fiducia.
Ma ognuno, da oggi, si assume le sue responsabilità. Alla luce del sole. E quelle del management Eni sembrano già pesantissime.
Mi auguro che quanto denunciato in questa lettera sia di avvertimento a quanti, in questo momento, si sono dati il compito di riformare il settore della distribuzione carburan
ti e a vigilare sulla tenuta democratica delle relazioni industriali nel nostro paese, di fronte ad una industria petrolifera sempre più arrogante e dirigistica, oligopolistica e sprezzante dei diritti.
Le recenti iniziative parlamentari ci dicono che forse sono maturi i tempi per un cambiamento, sta anche a noi lavorare per accelerarli. E’ quello che continueremo a fare.

Martino Landi