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Le Autostrade, un modello in crisi. Necessaria la riscrittura della governance

Le Autostrade, nodo strategico per la mobilità del Paese, scontano un sistema di governo in cui si sommano le contraddizioni del Paese, basso livello di apertura dei mercati, conflitti e sovrapposizioni di interessi, confronto tra oligopoli.
Le gestioni autostradali hanno perso il 50% di erogato in tre anni, mettendo in gravissima difficoltà le 430 stazioni di servizio di cui circa il 30% è attualmente in una situazione di pre-fallimento.
Incidono sulla situazione di crisi da una lato la complessiva crisi dei consumi di carburante che però in autostrada conosce una forte accelerazione, in virtù degli ulteriori vincoli di sistema che si addizionano a quelli complessivi del settore già esaminati.
Su questo segmento di viabilità ha pesato enormemente la posizione oligopolistica dei concessionari autostradali che hanno avuto buon gioco ad imporre condizioni di affidamento delle aree gravemente onerose, supinamente accettate –  addirittura contese – dalle Compagnie, in tempi di crescita dei consumi. Il peso delle royalties è divenuto nel corso degli ultimi tre anni insostenibile per il sistema della distribuzione carburanti in autostrada, dove le spese di gestione sono maggiori, in ragione della complessità organizzativa e di mobilitazione di risorse umane e finanziarie. Così, di fronte alla crisi, mentre tutti stringono i cordoni della spesa, gli attori oligopolistici si scaricano vicendevolmente i maggiori oneri. A sostenerli sono chiamati i cittadini – pagando pedaggi e rifornimenti carburanti sempre più alti e persino i servizi di ristorazione, gravati dal sistema delle royalties – e i gestori-  che di fronte al taglio degli erogati vedono i bilanci delle proprie gestioni scivolare verso il rosso. In questo quadro le concessionarie sostanzialmente hanno mantenuto le proprie posizioni originarie, le Compagnie hanno reagito calcando la mano sui prezzi per recuperare parte delle royalties; ma in questo modo hanno realizzato in Autostrada un livello di prezzi mediamente più alti della rete ordinaria, ingenerando nei consumatori l’opinione – fondata – che non è conveniente farvi rifornimento e, dunque, allontanando gli automobilisti. Dato che lascia riflettere è la complessiva perdita di utenti del settore, dai pedaggi alla ristorazione, seppure con andamenti diversi.
La contrazione dei consumi ha fatto esplodere le contraddizioni di un sistema bloccato che grava sul sistema della mobilità, depauperando risorse ed asset pubblici.
Il sistema delle royalties garantisce alle concessionarie autostradali rendite da diverse centinaia di milioni di euro, derivanti dalla vendita carburanti (mediamente dai 70 ai 90 euro Klt per un complessivo di due-tre miliardi di litri) che si sommano a quelle ancora più corpose derivanti dalle vendite delle aree shop e della ristorazione, con royalties sui fatturati dal 15 al 30%. Una rendita di posizione derivante dalla concessione di tutto rispetto – atteso che gli investimenti sulla rete carburanti sono a carico delle petrolifere.
Un sistema che le Federazioni dei gestori denunciano da tempo e che con tutta evidenza mostra la corda e necessita di una profonda rivisitazione.
Su questi argomenti, nell’ambito della vertenza Autostrada –  tuttora aperta – il Governo deve segnare un colpo. Non basta quello evidenziato nel verbale ministeriale del luglio 2012 che chiaramente richiama le concessionarie ad attenuare le royalties corrisposte dalle Compagnie petrolifere, oltre a sottolineare l’esigenza di ridurre i costi di gestione con la previsione di self service in certe determinate aree e fasce orarie, riconsiderando gli standard di servizio pretesi. Il documento ministeriale – inapplicato – prevede persino il trasferimento delle migliori condizioni realizzate dagli affidatari, auspice il MISE, ai gestori, per far fronte alla crisi. Il Governo deve pretendere il rispetto degli impegni e deve superare la direttiva Passera, ripensando in toto la governance del comparto, che è di preminente interesse pubblico, essendo un’infrastruttura primaria del Paese.
E’ evidente che il sistema deve essere rivisto e la tanto attesa – dalle Compagnie – proroga dei contratti è solo un modo di rinviare la soluzione dei problemi, tanto che nulla si muove: la contrattazione negoziale è ferma, la ristrutturazione della rete è tabù, la revisione dei servizi resi di là da venire e intanto il settore rotola verso l’irreversibilità della crisi.
E’ ormai chiaro che occorre una ristrutturazione della rete anche su questo segmento, prevedendo la chiusura o la riconversione ad area sosta/assistenza delle aree di servizio con meno di 5 mln/lt, portando a 50 km l’area di congrua assistenza (di garanzia) all’auto e all’automobilista. Ma occorre anche lavorare per porre il problema del conflitto di interesse e rilevare al dibattito pubblico l’opportunità di separare la concessione delle tratte da quelle delle aree di servizio e introdurre vincoli e conflitti di interesse tra concessione delle tratte stesse e la gestione delle aree oil e non oil.
Sono nodi di una tale rilevanza e complessità che rimettiamo al confronto pubblico e certamente richiamano il ruolo della politica e del Governo.