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La conversione del Milleproroghe e la dignità delle Istituzioni

E’ stata pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 53 alla G.U. n. 47 del 26 febbraio scorso la L. n. 10/2011 recante la conversione in legge ordinaria del DL c.d. “Milleproroghe” n. 225/2010 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), con alcune modificazioni confluite nel “maxiemendamento” su cui è stata posta in Parlamento la questione di fiducia.
Le modificazioni non mutano gli aspetti legati al bonus fiscale. La norma attesa dai gestori carburanti e già criticata dalla associazioni, resta infatti nella versione conosciuta e avversata.
La norma varata è assolutamente insufficiente sia per quanto riguarda lo stanziamento che appare lontano dalle esigenze che per il rinvio attuativo ad un decreto dirigenziale interministeriale sia, ancora, per quel che riguarda la determinazione dell’acconto 2012 che va effettuata in assenza di previsione di deduzione forfetaria, preannuncio della vera volontà di questo Governo: abolire la misura introdotta nella prima metà degli anni ’90 e sempre rinnovata.
Dopo tante promesse (revisione del settore, riforma della rete, bonus in forma strutturale, riconoscimento del lavoro usurante, ecc…) con il sigillo – i sigilli – ministeriale(i), la montagna ha partorito il topolino.
Non siamo in presenza di una retromarcia qualsiasi, visto e considerata la sistematicità degli accadimenti, ma di una vera e propria questione di dignità istituzionale.
Il momento particolarmente critico che attraversa il nostro paese è – purtroppo – ben rappresentato dalla cronaca quotidiana che ruota su scandali di ogni genere.
Ciò detto, lontano dai riflettori della grande cronaca si consumano episodi di una gravità istituzionale non meno gravi.
Episodi che riguardano la credibilità delle istituzioni, la certezza del riferimento istituzionale, la fondatezza stessa del prestigio dello Stato.
C’è una superficialità nel rappresentare gli organi costituzionali, una leggerezza nello svolgere compiti di responsabilità, una irresponsabilità nell’assumersi oneri formali che non ha pari nella storia contemporanea.
Come qualificare altrimenti atteggiamenti ed atti di Ministri e Sottosegretari che non rispettano impegni presi e sottoscritti nella solenne cornice dei saloni ministeriali, alla fine di pubbliche vertenze o di articolate mediazioni?!
E’ tuttavia successo che dopo proteste, scioperi, vertenze sindacali, il Ministro dello Sviluppo Economico – il 20 giugno 2008 – a conclusione di un sofferto confronto, abbia siglato solennemente, davanti ai rappresentanti delle categorie coinvolte e ai massimi funzionari e dirigenti del Ministero – oltre che davanti alle telecamere e ai taccuini dei giornalisti – impegni mai presi in considerazione benché mai rinnegati. Con una inconsapevolezza delle cose degna dell’innocenza se non fosse figlia di una disinvolta irresponsabilità e della furbizia vicina dell’opportunismo. E che la stessa cosa sia accaduta 2 anni dopo – il 14 settembre 2010 – con un Sottosegretario è sintomatico di una nuova prassi fondata non sul merito del confronto ma sull’economica del risultato e dell’esigenza mediatica.
E risultati questo Governo ne ha incassati: ha promesso tutto quello che c’era da promettere, ha incassato il consenso della categoria ad una riforma subita come non mai, ha evitato scioperi e proteste, per riconoscere pochi spiccioli che non serviranno ad evitare di far scivolare verso la chiusura migliaia di piccoli impianti.
Che sia questa la vera via alla riforma della rete, al di là della riforma stessa per via legislativa? Si sta forse perseguendo una via economica alla ristrutturazione della rete?
Costringere alla chiusura per fallimento le piccole stazioni di servizio per insediare i ghost: potrebbe essere questa la chiave di lettura della strategia petrolifera in Italia. Come altrimenti spiegare il silenzio assordante sulla materia da parte delle compagnie che non possono ignorare come questa sottrazione di risorse al settore spingerà ad una recrudescenza sindacale sulle vertenze aziendali.
Una strategia che ovviamente non condividiamo e alla quale ne opporremo un’altra fondata sulla concorrenza e sull’efficienza a partire dallo smantellamento dell’integrazione verticale.