Il difficile momento, che la categoria dei gestori di distribuzione carburanti sta vivendo, impone la necessità da un lato di prestare maggiore attenzione alle criticità del comparto, contestualizzandole nell’ambito delle mutate condizioni socio economiche e politiche e dall’altro di immaginare diversi scenari normativi che ridisegnino gli equilibri dell’intera filiera, oggi fortemente sperequata a vantaggio delle Compagnie.
Che il nostro settore sarebbe stato direttamente coinvolto dalla crisi internazionale era prevedibile già dal 2007, quando alle speculazioni nei mercati dei mutui sub prime il mercato petrolifero reagì con un innalzamento del prezzo del barile, che ha sforato la soglia dei 150 dollari.
Ma immaginare che il settore sarebbe stato esposto, in prima linea, agli effetti delle contro misure adottate dal Governo nazionale, sia per fronteggiare la crisi internazionale che per rimettere in ordine i conti pubblici, era una prospettiva di difficile previsione, quantomeno per l’impopolarità della stessa.
Tranne che avremmo dovuto presupporre, già allora, l’esistenza di una chiara volontà del Governo, di far ricadere gli effetti della crisi su alcune fasce sociali e su alcune categorie, tra cui quella del gestore. Obiettivo nei confronti del quale, le Compagnie hanno esercitato il proprio indiscutibile peso che rivestono nelle dinamiche di politica economica a livello internazionale.
Il messaggio che emerge è che il Governo è disposto a sacrificare sul sacro altare del mantenimento dei privilegi di alcune classi economiche (Compagnie comprese) e del rientro del debito pubblico (preteso dai Paesi dell’eurozona a garanzia della propria stabilità) le fasce più deboli o quelle che possono essere di ostacolo alla salvaguardia degli interessi di certi notabili.
Pertanto, l’innalzamento del valore dell’Iva e delle Accise, attraverso il quale il Governo ha voluto stressare le politiche del prelievo fiscale cosi come, i continui protocolli di intesa prodotti nell’ambito delle trattative con il nostro settore e poi puntualmente disattesi, diventano facilmente interpretabili come il frutto di una tacita intesa tra la nostra classe politica e le Compagnie ciascuno teso a raggiungere il proprio obiettivo. Da un lato elevare i livelli del prelievo fiscale, agendo anche sui prodotti petroliferi per far rientrare il debito pubblico, dall’altro dare l’ennesimo colpo all’anello debole della filiera nel tentativo di marginalizzarne ancora di più la sua posizione.
Di fatto ad oggi, sono state applicate ben 17 accise sulla benzina e circa 20 accise sul gasolio, che si traducono in una incidenza del peso fiscale sul prezzo della benzina pari al 58% e sul gasolio del 52%. Tutto questo significa che la spesa dei carburanti assorbe in media l’8% del reddito delle famiglie.
Tutto ciò costituisce un ulteriore aggravio per le gestioni del settore, in quanto, l’aumento del prezzo del carburante indotto dall’incremento di Iva e Accise impone al gestore di approntare maggiori liquidità per provvedere ad approvvigionare le cisterne del proprio punto vendita.
Tale prospettiva, in un momento in cui, gli erogati medi di ogni impianto subiscono forti contrazioni, generati dalla ridotta capacità di spesa delle famiglie, e i margini riconosciuti al gestore, nell’ambito di accordi economici capestro, a stento consentono di mantenere in attivo i conti economici, segna il confine tra la sopravvivenza e la chiusura dell’attività.
Le scelte di politica fiscale, condotte dal Governo hanno di fatto inasprito le condizioni del Gestore già esposto agli effetti di una crisi internazionale che sta mettendo a dura prova gli oltre 24.000 impianti della rete ordinaria e autostradale dell’intero territorio nazionale. Piuttosto che subire i contraccolpi di misure che stanno indebolendo il comparto, l’intera categoria si sarebbe aspettata da parte della Politica un reale sostegno e una maggiore affidabilità.
Inoltre, appare inaccettabile per il settore, la mancata adozione di provvedimenti da parte della nostra classe Politica a fronte delle azioni intraprese dalle Compagnie che più volte hanno operato indisturbate violando gli Accordi Nazionali sottoscritti con la categoria.
Questo stato di cose, al quale ci siamo opposti e continuiamo a farlo, ha alimentato forti asimmetrie nella composizione degli interessi lungo la filiera, a discapito non solo del nostro comparto ma anche dei consumatori finali, spesso costretti a pagare il carburante a un prezzo più alto di quello che dovrebbe e potrebbe essere.
Nel contempo, subiamo anche i ritardi relativi all’attuazione di una serie di provvedimenti che attraverso l’azione sindacale sono stati inseriti nella Legge 27 del 2012 e che avrebbero dovuto ridare respiro agli operatori.
In particolare risultano ancora inefficaci, le misure che riguardano, la gratuità delle transazioni con moneta elettronica per importi inferiori a 100 euro, cosi come è stata disattesa la data del 31 agosto 2012 entro cui si sarebbe dovuto concludere l’iter negoziale, previsto dalla norma, per la definizione delle nuove forme contrattuali per l’affidamento e l’approvvigionamento degli impianti.
Trattativa nel corso della quale, le rappresentanze del mondo petrolifero hanno lasciato intravedere la loro intenzione di fissare, in questo ambito, le linee guida delle nuove forme contrattuali e rimandare a una contrattazione tra Compagnie e singoli gestori la determinazione degli aspetti puntuali dei contratti.
Insomma, un chiaro tentativo delle Compagnie di bypassare le Associazioni di categoria e poter esercitare indisturbate il proprio potere contrattuale imponendo cosi condizioni capestro al gestore. Ancora una volta un tentativo delle Compagnie di operare aldilà del rispetto delle norme che nella fattispecie all’Art 19 comma 3 della Legge 57 del 2001 prescrivono ….. “i rapporti economici fra i soggetti titolari di autorizzazione, concessione, o fornitori e le associazioni di categoria dei gestori di impianti di distribuzione dei carburanti sono regolati secondo modalità e termini definiti nell’ambito di specifici accordi aziendali, stipulati tra ciascun soggetto titolare di autorizzazione, concessione, o fornitore e le Associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale dei gestori, aventi ad oggetto l’individuazione dei criteri di formazione dei prezzi di vendita consentiti nel medesimo regolamento nell’ambito di predefinite tipologie di contratti”.
Una negoziazione, che di certo non ha trovato ostacoli da parte dei rappresentanti dei gestori che ora attendono, come prescrive la Legge, che sia il Ministero a pronunciarsi. E nell’attesa non cessano le preoccupazioni sulla linea che adotterà il Ministero.
Appare inoltre evidente che, il processo di liberalizzazione tanto invocato dalla Comunità Europea, in virtù del quale il Governo allora in carica, al fine di scongiurare l’applicazione di dure sanzioni al nostro Paese, ha invitato il nostro settore a collaborare per favorirne l’attuazione sui singoli territori, ad oggi non ha prodotto i risultati sperati.
Siamo infatti, ancora a fronteggiare la crescita del prezzo del carburante che in Italia si attesta tra i più cari di Europa e a fare i conti con un modello competitivo che sta dimostrando la sua fragilità. Fin quando le Compagnie controlleranno produzione e distribuzione e la competizione nel settore avverrà attraverso la leva del Prezzo, che sono le stesse Compagnie a determinare, non vi sarà nessuna prospettiva di miglioramento.
Ciò che sta accadendo, sotto gli occhi di tutti e nel totale immobilismo della nostra classe politica
è che le Compagnie stanno orientando i consumatori a ricorrere alle forme di erogazione del carburante senza l’assistenza del Gestore, applicando per queste modalità di vendita una politica di sconti alquanto discutibile. La scontistica adottata dalle compagnie prevede infatti una compartecipazione alla stessa da parte del gestore, che subisce in tal modo una riduzione del proprio margine anche del 50%.
Tale strategia, non solo serve ad educare gli automobilisti a un nuovo modo di concepire i P.V. di distribuzione carburanti, ma diviene un modo per marginalizzare il ruolo del gestore sia nella sua funzione che sotto il profilo economico.
Nella sua funzione in quanto non gli viene più riconosciuto l’importante mansione di essere garante della sicurezza dell’impianto nel quale i consumatori sono esposti al contatto con prodotti altamente infiammabili e cancerogeni, e sotto l’aspetto economico perché le Compagnie stanno già provvedendo a proporre accordi economici (vedi API IP) in cui il margine riconosciuto al gestore per le modalità di vendita pre e post pay sono ridotti a poco più di due centesimi.
Quindi da un lato, le compagnie controllano il prezzo del carburante e giocano su “falsi” sconti per orientare i flussi di domanda verso le forme di erogazione automatizzate, e dall’altro riducono al minimo i margini del gestore per queste modalità di vendita.
Una strategia ineccepibile per far scomparire la Categoria. Bisogna stravolgere e riconfigurare questo stato di cose contrapponendo al peso economico delle Compagnie il peso della rappresentatività di oltre 24.000 impianti sui quali ogni giorno oltre 70.000 lavoratori si mettono al servizio dei cittadini, svolgendo una professione sulla quale si è costruita la stabilità di oltre 60.000 famiglie italiane.
Bisogna immaginare nuovi scenari prevedendo un processo di defiscalizzazione dei prodotti petroliferi attraverso la sterilizzazione dell’IVA e l’applicazione dell’accisa mobile al fine di ridurre l’aggravio del peso fiscale sul prezzo dei carburanti.
Ma occorre anche restituire al mercato una maggiore perequazione tra i diversi attori, nell’interesse del consumatore finale, il quale deve poter contare su un servizio di qualità accessibile a prezzi non speculativi.
A fronte di tali riflessioni la categoria ha finanche guardato con rinnovato interesse alla reintroduzione del prezzo amministrato per ogni tipologia di vendita. L’attenzione posta dal settore nei confronti di tale provvedimento, che oggi in virtù delle mutate condizioni del mercato, di certo sarebbe di complessa se non improbabile attuazione, nasce dalla necessità di eliminare quelle anomalie fra i gestori dello stesso marchio, che nello stesso emiciclo geografico si trovano a praticare prezzi differenti in quanto la medesima compagnia sottopone loro condizioni economiche diverse.
Ciò non solo lede il corretto funzionamento del mercato, ma viola gli accordi nazionali, determinando la fattispecie di abuso di posizione economica dominante da parte delle Compagnie che dovrebbe essere punita cosi come prescrive la normativa vigente.
Rimettere nelle mani di un “soggetto terzo” e di meccanismi trasparenti la determinazione del prezzo di vendita del Carburante uguale per tutti, significherebbe di fatto spostare la concorrenza dalle politiche del prezzo alla dimensione della qualità dei servizi resi.
Una spinta in tale direzione, potrebbe avvenire guardando a strumenti coerenti con le mutate condizioni del settore, in grado di apportare i medesimi risultati, ovvero eliminare le forme di opacità che oggi caratterizzano le dinamiche di formazione del prezzo delle benzine.
Nello specifico l’istituzione del mercato all’ingrosso dei prodotti petroliferi, rappresenterebbe la garanzia di una maggiore trasparenza nelle dinamiche di perfezionamento del prezzo dei carburanti, che consentirebbe di eliminare quelle forme di speculazione, che drogano il mercato arrecando danni non solo al nostro comparto ma anche al consumatore finale.
Le Compagnie, per vendere il proprio prodotto dovranno mettere il gestore nelle condizioni di massimizzare il livello qualitativo dei servizi resi, unica leva su cui agire per spostare i flussi di domanda.
Inoltre, in tale ipotesi le trattative per la determinazione del margine del gestore dovranno tenere conto delle diverse modalità di vendita con e senza assistenza dell’operatore, e fissare per ciascuna di esse dei margini standard sulla base della sostenibilità dei conti economici degli impianti oltre che prevedere un margine minimo garantito per ogni gestore.
Riteniamo che su questi temi si debba avviare un confronto tra Governo Compagnie e le nostre Rappresentanze, dal quale costruire nuove prospettive non di mera sopravvivenza per i gestori, ma di rilancio e sviluppo di una categoria e di una professione che oggi coinvolge oltre 70.000 operatori, che per la salvaguardia delle rendite di posizione delle lobby petrolifere oggi si sta tentando di espellere fuori dal mercato, nel tentativo di riconfigurare le stazioni di servizio non nell’interesse degli automobilisti ma salvaguardando le logiche di profitto dell’industria petrolifera.