Con una nota congiunta ai Presidenti e ai Vice Presidenti delle competenti commissioni parlamentari di Camera e Senato, Faib Fegica e Figisc hanno denunciato il declino e della rete carburanti e chiesto un audizione urgente per avanzare proposte finalizzate al contrasto dell’illegalità diffusa.
Nella nota ai Presidente e ai Vice Presidenti della Commissione Industria commercio e Artigianato del Senato della Repubblica, (al Presidente Sen. Gianni Pietro Girotto e ai Vice Presidenti Senatori Paolo Ripamonti e Adriano Paroli) al Presidente e ai Vice Presidenti della Commissione Attività Produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati (Presidente On. Barbara Saltamartini ai Vice Presidenti Onorevoli Gianluca Benamati e Luca Carabetta), Faib, Fegica e Figisc hanno fatto una dettagliata fotografia del settore, evidenziando le principali criticità e avanzando delle proposte.
Per le Associazioni, la fotografia aggiornata della rete carburanti a questo 2018 evidenzia la crescente polverizzazione della rete, che non ha eguali in Europa. Con 22.000 punti vendita, distribuiti tra centinaia di piccoli proprietari, dispersa tra convenzionati e no logo, la rete italiana ha un erogato medio ben al di sotto degli indici di redditività media registrati nel resto d’Europa. Si stima che 7/ 8 mila impianti sono quelli che andrebbero chiusi per incompatibilità a cui occorre aggiungere almeno altri 3.000 impianti per inefficienza economica. Questi punti vendita dovrebbero essere avviati allo smantellamento in base al disposto normativo ma ostacoli diversi e mancanza di volontà rischiano di bruciare le buone intenzioni legislative. Questo quadro ha determinato una struttura completamente depauperata e inefficiente, in cui si sono fortemente contratti i consumi, ridotte le marginalità a favore dei gestori, amplificate le forti improduttività e incapacità di investimento. Gli effetti sulla gestione economica della rete si manifestano con la precarizzazione del lavoro, con il ricorso sistematico ad una contrattualistica irrituale ed illegale, con violazioni contrattuali finalizzate a conseguire vantaggi competitivi impropri, con un effetto drammatico in termini di redditività e occupazione che ha ridotto sul lastrico le gestioni rimaste. Nell’indifferenza della politica e dei corpi intermedi, nonostante le denunce sindacali. La remunerazione dei gestori, come è noto, è regolata dalle leggi dello stato (D.Lgs. 32/98; L. 57/2001; L.27/2012) che espressamente la demandano alla contrattazione tra le parti. Mentre le grandi compagnie stanno generalmente nelle regole, l’altro 50% ed oltre evade la normativa, fa dumping contrattuale, abusa della posizione economicamente dominante ed impone contratti da schiavitù. Siamo al caporalato petrolifero. A fronte di ciò, occorre che le istituzioni facciano rispettare le leggi, a partire da quelle che impongono la negoziazione con le parti sociali, per giungere a definire accordi economici validi e al diritto ad un prezzo di vendita equo e non discriminatorio, affermando allo stesso tempo il diritto al riconoscimento condiviso di un margine necessario a sostenere la distribuzione carburanti, arrivando eventualmente a prevedere un costo di distribuzione.
La nota poi denuncia che sulla rete c’è una emergenza microcriminalità che anche di recente ha lasciato un segno violento a carico di due gestori, aggrediti brutalmente. La microcriminalità, così come l’illegalità diffusa, si affronta con la tracciatura di tutti i pagamenti. Ma la questione della moneta elettronica, i cui costi non possono gravare sui gestori carburanti, in quanto percentualmente pesa molto più che in altri settori, va affrontata in un’ottica di sistema e di ordine pubblico. In altre parole, il costo della moneta nella distribuzione carburanti arriva ad incidere per un quarto del reddito del gestore. Ciò è inaccettabile dal punto di vista dell’equità e dell’etica del lavoro, da una parte, e della strumentazione di contrasto all’illegalità nelle sue varie forme. Ma per la categoria sviluppare la moneta elettronica è fondamentale. Dal punto di vista delle Associazioni occorre che il Ministero dell’Economia vada oltre la moral suasion verso le società di gestione dei pagamenti. Bisogna che svolga il suo ruolo di indirizzo e governo, imponendo condizioni ragionevoli alle transazioni sulla rete carburanti alla luce dei rilevanti interessi pubblici dati dall’introito di accise ed iva e dall’interesse al contrasto all’illegalità e alla micro criminalità. Per Faib Fegica e Figisc si ravvisano anche ragioni di ordine pubblico, per i quali il Ministero degli Interni deve riaccendere i fari sulla questione, riaprendo il tavolo con le parti.
Infine, si delinea la necessità di favorire cicli di strutturazione dei soggetti imprenditoriali che operano nel settore, favorendo anche forme di aggregazione per produrre economie di scala, anche gestionali, e l’incentivazione al ricorso all’introduzione di prodotti più ecologici che consentano di contribuire a contrastare l’inquinamento urbano. Quello della qualità dell’aria e della qualità dei prodotti petroliferi immessi per la mobilità dei cittadini deve assumere le caratteristiche di una forte innovazione indotta e sorvegliata legislativamente. Prodotti innovativi, colonnine elettriche, prodotti ecocompatibili, nuovi derivati dalla ricerca, sono punti ineludibili per il futuro del settore, fortemente segnati dall’assenza prolungata delle istituzioni governative.
Su questi punti, le Federazioni dei gestori chiedono al Parlamento impegni precisi.