Con una nota congiunta le tre Federazioni dei gestori hanno denunciato ai Gruppi Parlamentari e alle Presidenze delle Commissioni competenti la grave situazione della rete vendita di distribuzione carburanti.
La nota a firma dei tre Presidenti parla di una forte fase involutiva che rischia di mettere in pericolo il diritto alla mobilità dei cittadini e l’intero comparto petrolifero italiano.
La nota svolge una puntuale analisi della fotografia della realtà strutturale della rete carburanti denunciando come il nostro Paese assista senza alcun tipo di reazione politica alla fuga delle grandi multinazionali del petrolio: prima Shell, poi ExxonMobil, ora Total, mentre cresce l’indice di anzianità degli impianti con punti vendita vecchi, con più di 40 anni, che riguarda il 40% della rete, e un erogato che in un impianto su 4 vende meno di 400mila litri l’anno.
Una situazione determinata dal grandissimo ritardo con il quale è stato approvata la “Legge sulla Concorrenza”, che la rende di fatto già inadeguata, e dall’evidente allentamento del sistema regolatorio e del rispetto della legalità. Due macigni che gravano sulla classe politica e sui Governi di queste ultime due legislature.
La nota fa ampio riferimento, da questo punto di vista, al declino della legalità in un settore sensibile per lo Stato e i cittadini. Una rete in cui si è diffusa l’illegalità, sia in termini di quantitativi dei prodotti introdotti in evasione di IVA ed accise, sia in termini qualitativi (gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione), sia in termini di regole di sistema (sfruttamento e lavoro nero, dumping contrattuale….). Con effetti negativi sia sui prezzi che sulla redditività delle imprese.
Capitolo dolente quello dei prezzi e del differenziale self servito, gestito dalle Compagnie in modo vergognoso; gestione che ha prodotto impoverimento della rete e dei suoi attori, a cominciare dai gestori. Proprio per far fronte a questo costante decadimento della redditività delle gestioni, nella missiva, i Presidenti chiedono di stabilire in forza di Legge, con contrattazione nazionale di primo livello tra la rappresentanza dei gestori e la rappresentanza dei titolari di autorizzazioni (compagnie e retisti), un “costo di distribuzione minimo”, valido erga omnes, quale remunerazione di base dell’attività prestata, con una negoziazione aziendale di secondo livello attraverso la quale integrare ed adattare la regolazione di base alla specifica realtà del singolo marchio ed al complesso rapporto che lo lega all’attività del gestore.
Faib, Fegica e Figisc rilanciano poi la questione del costo della moneta elettronica.
Lo sviluppo della moneta elettronica è fondamentale per favorire uno sviluppo qualitativo e commerciale degli impianti e intensificare l’azione di contrasto dell’illegalità e della pratica di concorrenza sleale e di controllo della qualità certificata dei prodotti immessi al consumo. Ma perché ciò sia compatibile con la struttura del mercato carburanti è necessario prevedere uno strumento come il credito d’imposta che sterilizzi la parte di commissioni che grava attualmente sul gestore. In alternativa rimane la strada dell’implementazione della moneta elettronica nella struttura dei costi aziendali.
Faib, Fegica e Figisc si dicono pronte a favorire la ristrutturazione della rete e l’incentivazione al ricorso all’introduzione di prodotti più ecologici che consentano di contribuire a contrastare l’inquinamento urbano. Prodotti innovativi, colonnine elettriche, prodotti ecocompatibili, nuovi derivati dalla ricerca, sono necessari e imprescindibili sui nuovi impianti, scongiurando scorciatoie fatte di incentivi a carico della collettività a favore di una mobilità elettrica che sarebbe una forzatura delle dinamiche di mercato e senza ritorno per il nostro Paese.
Da ciò Faib, Fegica e Figisc fanno discendere la necessità di aprire subito un Tavolo istituzionale con le Forze Politiche e il Governo finalizzato ad aprire un percorso politico per la riqualificazione della rete.