Rete carburanti inadeguata alla fase di transizione, brucia ogni anno 200 milioni di euro. Urgente iniziativa di filiera.
Si sta andando verso la fine del 2021, e si può forse tracciare un bilancio di questo anno. Lo chiediamo a Giuseppe Sperduto, presidente nazionale di FAIB, l’associazione dei gestori di impianti di distribuzione dei carburanti, che aderisce a Confesercenti.
Sperduto: “Il 2021 ha rappresentato un anno di grande problematicità per il settore della distribuzione dei carburanti. La pandemia da una parte, e le diverse incognite sugli scenari economici ed energetici, dall’altra, dimostrano che sono molteplici i fattori che influiscono sulle dinamiche dei prezzi. Se lo shock derivante dall’epidemia sta per essere riassorbito, al netto degli effetti che potrà avere la quarta ondata sui consumi, in particolare in Europa, il continente al momento più colpito, la filiera sembra sperimentare dei ritardi nella logistica. I danni che registriamo dopo questo anno e mezzo di pandemia sono stati enormi: si stima un saldo negativo di 6,8 miliardi di euro per Iva e accise non incassate dallo Stato per effetto della riduzione della domanda di carburanti, con oltre 200 milioni di perdita per i gestori”.
I consumatori hanno constatato un continuo aumento del prezzo dei carburanti dopo l’estate. Lei a cosa attribuisce questo trend?
Sperduto: “La ripresa economica in Italia e a livello mondiale, e la conseguente crescita della stessa domanda di energia e petrolio (carburanti, gas, elettricità), si è rivelata essere più veloce dell’adeguamento dell’offerta, e questo ha causato problemi, anche in termini di logistica, e tensioni sui prezzi a livello mondiale. Più in generale bisogna riconoscere che siamo entrati in una fase in cui la prevedibilità della domanda globale è di fatto molto difficile, e quindi l’industria non è in grado di programmare l’offerta in modo adeguato, e questo vale anche per quella petrolifera ed energetica, la quale ha bisogno di programmare gli investimenti, e di tempo per adeguare l’offerta alla domanda. Questo non esclude che comunque possano esserci fenomeni speculativi lungo la filiera internazionale e sta alle autorità indagare e prevenire”.
In questo contesto, come si pone il sistema della distribuzione dei carburanti?
Sperduto: “E’ innegabile che l’attuale assetto della rete distributiva dei carburanti è sovradimensionato, sostanzialmente vecchio, polverizzato e carente di servizi. Secondo stime accreditate, il sovrannumero di punti vendita costa ogni anno al settore circa 200 milioni di euro l’anno. In 10 anni sono 2 miliardi, che potrebbero invece essere risparmiati se ci fosse maggiore efficienza e competitività, ed investiti nella transizione ecologica, e più in generale per la qualificazione della rete in senso ambientale, ed anche dei suoi addetti, che devono essere orientati al cambiamento, e capaci di gestire aree multi energetiche e multiservizi. In definitiva, la rete italiana, per riportare competitività e valori, deve essere oggetto di un forte intervento di riforma orientato all’ammodernamento tecnologico, all’adeguamento alle nuove motorizzazioni, alla mobilità sostenibile, ed in grado di offrire biocarburanti, carburanti sintetici, elettricità, ed in futuro anche idrogeno, se questa tecnologia avrà successo. Così com’è non è adeguata alla fase di transizione e cambiamento.”.
Ritiene che queste sfide potranno essere vinte?
Sperduto: “Purtroppo constato un certo immobilismo della filiera, più dedita ad interventi spot, piuttosto che ad una sostanziale transizione energetica ed ambientale, e a questo stato di cose contribuisce qualche amministrazione locale, che a volte prende decisioni troppo rigorose, come i blocchi della circolazione anche alle motorizzazioni euro 6. In ogni caso, da parte nostra, c’è l’interesse a sviluppare la razionalizzazione della rete in senso ambientale, e promuovere la concorrenza tra fonti energetiche, aumentando al tempo stesso gli erogati e il venduto, e favorendo una maggiore e più articolata offerta di servizi per i consumatori, sia sul fronte dei prodotti energetici, sia sul fronte del cosiddetto non oil, con benefici per i nostri clienti in termini servizi e di prezzi.
In questo contesto deve essere affrontato il tema dell’illegalità fiscale e di quella contrattuale oggi molto diffusa sulla rete. Sono aspetti che incidono profondamente sulla concorrenza e sulla competitività degli operatori e concorrono ad indirizzare la rete verso un’area di opacità nella quale gli operatori più strutturati, piccoli e grandi, hanno solo da perdere. Ma è un tema sul quale senza una consapevolezza di tutta la filiera non si va da nessuna da parte. Ecco perché da mesi chiediamo un tavolo unitario con tutte le parti del settore, a partire da Unem e Assopetroli:
Tornando alla transizione, gli obiettivi climatici discussi nelle sedi internazionali, da ultimo a Glasgow, sembrano indicare la consapevolezza della necessità sia della sostenibilità ambientale, sia di una attenta fase di transizione, in cui infrastrutture, lavoro, investimenti vanno programmati con adeguati processi di razionalizzazione e ammodernamento”.