Per la prima volta da un anno e mezzo a questa parte, l’Azienda nella comunicazione di invito al Tavolo negoziale, parla apertamente di incontro per il rinnovo dell’accordo, superando i bizantinismi verbali e comunicativi che l’avevano caratterizzata sin qui, spingendola da un lato in un labirinto semantico, dall’altro in un vicolo istituzionale senza uscita, considerate le prese di posizione del Vice Ministro De Vincenti e del MISE stesso, e dall’altro ancora in un isolazionismo industriale incompreso persino alle Compagnie petrolifere.
Nel frattempo, in questo anno e mezzo, la sofferenza sulla rete a marchio è peggiorata ancor di più: i gestori hanno visto assottigliarsi la loro redditività (-20% in media); aumentare i costi di gestione (+ 20% tra Tari, tasse metriche, smaltimento acque reflue, finanziamento fondo indennizzi, moneta elettronica…); inasprire gli oneri commerciali (+40% tra partecipazione forzosa ed onerosa a campagne sconto e pratiche intrabrand); perdere erogati (l’azienda continua a perdere quote di mercato). La Compagnia ha accumulato errori su errori, perdendo pezzi di mercato, nonostante i cambi manageriali. Il conto è stato pagato dai gestori a marchio e dai clienti fidelizzati.
L’abbiamo già scritto: ai Tavoli negoziali e più in generale sulla scena della distribuzione carburanti, Eni è apparsa, dopo i pesanti errori e le catastrofiche perdite economiche e finanziarie, balbettante, impacciata, incapace di assumere una linea. E’ stato il frutto di una confusione politica e commerciale in gran parte attribuibile a problematiche di governance aziendale, alla sovrapposizione preponderante di scelte che si sono imposte alla rete, a direttive di marketing che hanno fatto carta straccia degli asset e delle professionalità operanti sugli impianti e nell’Azienda stessa. Si è evidenziato in maniera drammatica il divario tra i livelli apicali aziendali, la diversa lettura del mercato che pezzi di Compagnia proponevano, si è ritenuto che l’Azienda, forte della sua posizione di leadership, potesse permettersi scelte chiaramente dannose per i bilanci e per la propria reputazione. Il più grosso investimento reputazionale della storia recente è stato un clamoroso boomerang per la Società. Ma il conto non lo possono pagare i gestori mentre gli autori degli errori passano da un incarico all’altro.
E’ mancato un segno evidente di cambiamento, l’indicazione concreta, forte e stabile di una strategia, di una direzione di marcia. Abbiamo assistito – e denunciato – i cambi di direzione, la rincorsa a singhiozzo al litro, la pratica di condizioni discriminatorie all’interno del brand, il ricorso al saccheggio del margine del gestore.
Che sia chiaro, le proposte avanzate dalle Associazioni dei gestori sono note all’Azienda da mesi: nessuna chiusura sulle politiche commerciali, nessun tabù, ma i parametri economici e normativi non possono essere penalizzanti rispetto alle condizioni date, né possono prevedere deroghe al rispetto, sulla rete a marchio, di condizioni eque e non discriminatorie, né sarebbe tollerabile il perpetuarsi del saccheggio del margine del gestore, operato da posizioni contrattuali squilibrate.
Margine garantito, concorrenzialità, professionalità e autonomia imprenditoriale del gestore, scelte di politica industriale condivise nelle macro scelte, questi i titoli e i capitoli già scritti che l’azienda deve decidere se condividere o meno.
Eni non avrà dal Tavolo negoziale quel vantaggio competitivo che non è in grado di andarsi a prendere sul mercato, né può immaginare di scaricare il peso delle perdite derivate da scelte sbagliate – ancorché contestate ed avversate – sui gestori.
Sperare nell’intervento dell’arbitro, nella sua parzialità, a noi appare, oltre che infantile, controproducente; soprattutto se visto dal punto di vista di Eni.
Per parte nostra, l’incontro, se la petrolifera assume la chiara consapevolezza della drammaticità del momento, può aprire un percorso veloce, considerato il lavoro già svolto, verso il rinnovo dell’accordo.
Ad oggi, nel pieno rispetto dell’autonomia delle scelte compiute a livello locale, rimangono le iniziative programmate se gli stessi livelli territoriali non dovessero ravvisare, dallo sviluppo dell’incontro, elementi di novità meritevoli di sospensioni.
Del resto l’accordo con Esso sulla rete ordinaria; il procedere serrato delle trattative con TotalErg, con cui poche settimane fa è stato rinnovato l’accordo in autostrada; la richiesta di riavvio del confronto da parte di Api-Ip; la stessa conciliante disponibilità di Q8 al confronto ad ampio raggio sulla nuova rete derivata dall’acquisto di Shell; la stessa tipizzazione del contratto di commissione tra Faib, Fegica e Figisc e Assopetroli; tutti questi sono elementi, con la sola eccezione della Tamoil, e di operatori minori, indicano che le tessere del mosaico tendono a ricomporsi intorno alla consapevolezza delle difficoltà complessive del settore. Se la dirigenza Eni dovesse ancora perdurare nell’incomprensibile scelta di non scegliere condannerebbe se stessa e la Compagnia a giocare un ruolo subalterno nelle politiche della distribuzione carburanti in Italia e non lascerebbe alle Associazioni dei gestori molte alternative tra la via della tutela politica e sindacale, rimessa a mobilitazioni, sospensione dei servizi e chiusure degli impianti colorati, e quella legale, affidata al contenzioso giuridico- giudiziario.