Eni ha invitato, per la prima volta dall’inizio della nuova gestione De Scalzi, Faib, Fegica e Figisc a riprendere il confronto.
Lo fa all’indomani dello sciopero generale indetto dalle Federazioni dei benzinai, riunite in presidio in Piazza Monte Citorio il 18 giugno u.s., e dell’Assemblea UP, in cui il Vice Ministro De Vincenti aveva ribadito, per l’ennesima volta, l’invito a tutte le Compagnie a riprendere il cammino del negoziato con le Associazioni dei gestori e a rinnovare gli accordi, e nel corso della quale lo stesso Presidente Gilotti aveva espresso la necessità di rilanciare la collaborazione con la rappresentanza dei gestori per ristrutturare la rete e definire nuove tipologie contrattuali.
Eni, che aveva già informalmente anticipato la volontà di procedere ad un nuovo incontro, ha avuto il merito di farlo rapidamente, dopo settimane di silenzio. Detto questo, dobbiamo sottolineare che già nella motivazione che presiede all’invito ci sono insidie pericolose per il confronto che si tenta di proseguire.
Per Eni si tratta di definire nuove proposte commerciali. Per Faib, e riteniamo anche per Fegica e Figisc, si tratta invece di giungere, dopo quasi 3 anni , al rinnovo dell’accordo economico-normativo. Non è una distinzione di poco conto. In mezzo c’è il ruolo delle relazioni industriali, del corretto operare delle parti legittimate al confronto all’interno del quadro normativo sancito dal D. Lgs 32/98, dalla L. 57/2001 e dalla L. 27/2012.
Faib ritiene che una grande azienda multinazionale, quale Eni è, per giunta a controllo pubblico, leader indiscussa del mercato interno, non possa – in nessun caso – sottrarsi all’obbligo di agire correttamente, dal punto di vista normativo, osservando, dunque, alla lettera il disposto legislativo di settore prima richiamato, ed etico, stando a quelle regole che essa stessa, e tutta l’industria petrolifera ha contribuito a determinare, a maggior ragione perché a partecipazione statale e, quindi, operante sul mercato in rappresentanza di quel complesso unitario costituito dall’insieme di norme e valori che fanno una comunità. In modo efficiente e profittevole. Guardando al proprio interno prima che ad altri.
Se Eni si pone al di là del quadro normativo, si posiziona su un terreno che viola il la speciale legislazione di settore, travalica la mission che è determinata dal suo azionariato e dal sistema di governance che la presiede. Dal nostro punto di vista, il management aziendale non può immaginare di operare su un terreno arbitrario, in cui interpreta a suo piacimento norme e mercato. Se ciò dovesse determinarsi la rappresentanza di categoria avrebbe l’obbligo di denunciare la deriva antisindacale, nelle sedi opportune, ma spetterebbe all’azionista di riferimento, il Governo, richiamare la propria controllata al rispetto delle Leggi dello Stato e delle indicazioni governative, che quelle Leggi hanno inequivocabilmente definite e chiarite, sia in sede ministeriale, nell’ambito della procedura di conciliazione delle vertenze collettive prevista dal D. Lgs. 32/98 sia in sede pubblica. Ma la stessa rappresentanza industriale non può più giocare a nascondino, come pure per molto tempo è stato fatto, su questioni centrali per il futuro della distribuzione carburanti in Italia.
Rammentiamo, solo per riepilogare, che su temi relativi agli istituti della conciliazione delle mediazioni collettive e della definizione di nuove tipologie contrattuali, sulle quali erano state adombrate interpretazioni divergenti, non ci possono essere più dubbi interpretativi, dopo che il MISE ha chiarito in tutte le sedi il corretto significato delle norme.
Nel momento in cui riparte il confronto tra le parti di questi elementi occorre tenerne conto e concentrarsi sulla materia negoziale.
E’ stato infatti abbondantemente chiarito che il D. Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, che all’Art. 1, comma 6, disciplina il caso dell’affidamento della gestione degli impianti da parte del titolare dell’autorizzazione ad altri soggetti, denominati gestori, all’interno dello stesso Art. 1, comma 6, del 32/98, fa espresso riferimento, negli ultimi due periodi: alla necessità che i predetti accordi interprofessionali prevedano un tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie contrattuali individuali, secondo le modalità e i termini definiti (negli accordi professionali medesimi); un tentativo di mediazione delle vertenze collettive che il Ministro dello Sviluppo Economico deve esperire su richiesta di una delle parti.
In sede ministeriale è stato esplicitato che la disciplina degli accordi cui devono attenersi i contratti tra gestori e titolari di autorizzazione è data dal combinato disposto degli Articoli 1, comma 6, del D. Lgs. n. 32/98 e 19, comma 3, della Legge n. 57/2001. Ne risulta che la norma che tratta il tentativo di mediazione del Ministero nelle vertenze collettive deve ritenersi parte integrante del complesso di norme in concreto applicabili, prevedendo che il MISE svolga un ruolo importante nel caso in cui si tratti di comporre vertenze tra aziende ed Associazioni dei gestori quando si vengano a crearsi situazioni di impasse nelle trattative di ordine commerciale ed economico-finanziario.
Nel caso della definizione delle nuove tipologie contrattuali, altro argomento di incomprensione, l’Art. 17 della Legge 24 marzo 2012, n. 27, fa riferimento alla possibilità che alla scadenza dei contratti esistenti (di comodato e fornitura) tra aziende e gestori, o in qualunque momento con assenso delle parti, possano essere adottate differenti tipologie contrattuali per l’affidamento e l’approvvigionamento degli impianti di distribuzione carburanti, nel rispetto delle normative nazionale e europea, sulla base della previa definizione negoziale di ciascuna tipologia mediante accordi sottoscritti tra organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione o concessione e dei gestori maggiormente rappresentative, depositati inizialmente presso il Ministero dello Sviluppo Economico entro il termine del 31 agosto 2012 e in caso di variazioni successive entro trenta giorni dalla loro sottoscrizione.
Detti accordi, salvo il caso delle aziende rappresentate da Assopetroli, non sono stati sottoscritti dalle parti interessate; la norma prevede, comunque, che nel caso in cui entro il termine sopra richiamato non siano stati stipulati gli accordi, ciascuna delle parti può chiedere al Ministero dello Sviluppo Economico, che provvede nei successivi novanta giorni, la definizione delle suddette tipologie contrattuali. La richiesta fatta al Ministero di definire le nuove tipologie contrattuali non corrisponde ad una formale attivazione dell’ipotetico potere del Ministero di sostituirsi alle organizzazioni rappresentative di titolari di autorizzazione e gestori definendo le nuove tipologie contrattuali, ma implica l’avvio di un procedimento più complesso, in cui dette organizzazioni, non avendo trovato l’accordo, suggeriscono una propria ipotesi di nuove tipologie contrattuali, sulla quale si apre una consultazione delle parti private. In questa ottica, non v’è dubbio che per “parti” devono intendersi le Organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione o concessione e quelle dei gestori, dal momento che l’interpretazione contraria comporterebbe la possibilità che ogni soggetto interessato alla stipula di un contratto di gestione di un impianto di distribuzione dei carburanti, e dunque non solo alcune unità di soggetti titolari di autorizzazione, vale a dire le singole Compagnie, ma anche alcune migliaia di gestori, proponga al Ministero una diversa tipologia contrattuale. Una situazione inimmaginabile, che costringerebbe il Dicastero, in ipotesi, a vagliare migliaia di
proposte, con l’anarchia completa sulla rete.
Dal punto di vista di Faib è necessario acquisire al Tavolo questi elementi e accantonarli dal confronto per procedere alla discussione di merito, per la verità già ampiamente definita nei mesi scorsi, per il rinnovo dell’accordo scaduto da quasi 3 anni.
Occorre definire qual è il modello di rete a cui ci si intende riferire. Una rete strutturata, dotata di servizi, di importanti attività non oil, che guarda al futuro o una rete che gioca al ribasso con le pompe bianche, modello hard discount della distribuzione commerciale? Se, come ricordava qualche autorevole rappresentante dell’azienda sulle colonne del giornale “Professione gestore” , siamo destinati a vendere meno benzina e dobbiamo trovare nuovi tipi di offerte commerciali da proporre ai nostri clienti, come si intende farlo? Andando forse verso impianti ghostà Quelli dove il consumatore, dialogando con la macchinetta, neanche entra nelle aree shop e nei caffè? Magari facendoli gestire da ex agenti della compagnia? Immaginando, in nome di una modernità a senso unico, fondata sul prezzo discount, e lontana dal modello costruito negli anni a suon di centinaia e centinaia di milioni di euro, nuove modalità che emarginano i gestori dopo che sulle stesse colonne si afferma che non si può prescindere dall’esperienza degli stessi, capaci di riscontrare in prima persona la bontà dei progetti aziendali. E quale ascolto è stato dato in questi anni alle osservazioni e alle critiche effettuate dai gestori alle scelte aziendali? Si afferma sulle stesse colonne che non è più rinviabile il tema delle nuove tipologie contrattuali, ma si perdono mesi in discussioni sterili e fuori luogo, anziché dare impulso al tavolo tra rappresentanti dei gestori e delle compagnie, unico titolato a metterci mano.
Si tratta dunque di entrare nella materia propria del negoziato, accantonando questioni politiche e legislative che non attengono al tavolo specifico della contrattazione aziendale. Su questo percorso Faib – e riteniamo tutto il mondo della rappresentanza dei gestori – è pronta a misurarsi con l’azienda sui temi propri dell’accordo, dell’innovazione, del nuovo modello, valutando le questioni economiche, normative, concorrenziali, della nuova competizione, entrando nello specifico delle proposte e dei costi di ciascuno e delle opportunità reciproche.