Le Compagnie petrolifere, negando il rinnovo degli Accordi e alimentando il canale extra-rete, si assumono la responsabilità storica dello sfascio della distribuzione carburanti
La gravissima crisi economica che attraversa il Paese, duramente denunciata in questi mesi, continua a produrre tensioni e drammi sociali.
Da nord a sud crescono gli episodi di malessere tra gli operatori economici. I gestori carburanti sono tra quelli più colpiti e più esposti. Se da una parte pesa un’assurda e sorda politica di prelievo e inasprimento fiscale che scarica, con l’aumento delle accise, sui prodotti petroliferi le contraddizioni di un’intera politica economica fallimentare, dall’altra la miope azione delle Compagnie petrolifere, che continuano ad alimentare un canale extra-rete che sta conducendo alla crisi del sistema della distribuzione carburanti, sta portando al fallimento tante imprese di gestori.
In questo quadro vengono al pettine tutte le questioni irrisolte di un settore che non è riuscito a trovare una via di autoriforma e di modernizzazione, nonostante le denunce, gli sforzi e le proposte delle Associazioni di categoria.
Si sommano oggi crisi dei consumi, contrazione dei margini, rete obsoleta e lontana dagli standard europei, senza non oil, né risorse, né progettualità. A ciò si aggiunga che i proprietari della rete, le Compagnie petrolifere, in questi anni hanno badato più a fare cassa che a investire sulle stazioni di servizio, sottraendosi in molti casi persino alla minima manutenzione.
Elementi che miscelati tra loro rischiano di diventare esplosivi.
Ciò considerato, ancora oggi, le Compagnie procedono in ordine sparso, guidate dal tatticismo dettato dalle contingenze, con evidenti cambi di strategia, ignorando le reali condizioni di sofferenza dei gestori.
Come spiegare altrimenti il vuoto contrattuale, i mancati rinnovi degli Accordi economici, i continui rinvii mentre metà e oltre dei benzinai sono in situazioni prefallimentari.
Il rischio concreto e reale è che la crisi possa spingere la distribuzione carburanti a prendere direzioni sbagliate.
A rimetterci sarebbero i soggetti più deboli della filiera, i gestori e i consumatori che rischierebbero la desertificazione della rete e l’assenza del servizio degli operatori. Ma anche le Compagnie lascerebbero sul terreno migliaia di punti vendita, bruciando asset importanti, a favore di nuovi soggetti e di operatori guidati da logiche speculative e dal mordi e fuggi.
E’ in questo contesto che si stanno consumando fenomeni di protesta in diverse realtà del Paese che possono essere legati da un filo rosso che denuncia lo stato di difficoltà sempre più insostenibile che sta aggredendo gli operatori della distribuzione carburanti.
A Torino come a Genova, a Biella come a Foggia, come in Romagna o in Veneto o nelle Marche, si segnalano proteste e manifestazioni di insofferenza che le Associazioni di categoria stanno faticosamente orientando verso obiettivi costruttivi e di soluzione dei problemi.
Ma la situazione rischia diventare ingovernabile, consegnando ad aree estranee alla tradizionale rappresentanza dei gestori la guida della Categoria, sospingendola verso aree di protesta fine a se stessa.
In queste ore a Foggia i gestori sono in grandissima difficoltà per la vendita di benzina e gasolio effettuata dall’Ipercoop a prezzi stracciati, lontani dalla media dei prezzi rete, prezzi che non possono definirsi sottocosto perché come già in altri casi il rivenditore, l’Ipercoop, ha dimostrato che, nonostante il forte sconto, che va ben oltre il margine dei gestori, continua a guadagnarci. E, dunque, se non c’è tecnicamente vendita sottocosto a quanto viene ceduto il prodotto? E perché viene ceduto a prezzi incomparabilmente inferiori sull’extra rete? E siccome le Compagnie petrolifere non sono esattamente come le dame di S. Vincenzo, si può sapere quali sono i reali margini delle petrolifere? L’Antitrust, che indaga da tempo, ancora non ha fornito un quadro esaustivo della “petrol story”.
In molte altre Città la Categoria è in stato di mobilitazione per l’aggressione portata avanti dalle cosiddette pompe bianche e dagli impianti ghost delle Compagnie stesse. Episodi di tale natura si susseguono lungo il territorio nazionale.
A creare preoccupazione e malessere tra gli operatori, oltre ai margini ritenuti insufficienti, e che le Compagnie si rifiutano di rinegoziare, sono soprattutto le disparità di prezzi di cessione al pubblico dei prodotti petroliferi, anche tra impianti vicini ed insistenti nello stesso bacino d’utenza e con lo stesso marchio. La situazione drammatica, che impone un intervento pubblico, è che ciò avviene in costanza di clausole contrattuali che impongono l’acquisto e la fornitura in esclusiva, da quegli stessi soggetti che praticano prezzi intorno e sotto al platt’s ad altri punti vendita e, sempre più spesso, anche ai loro condotti in automat, in modo discriminatorio e penalizzante. Differenze molto importanti che inevitabilmente drenano flussi di vendite e mettono a rischio di continuità aziendale le gestioni tradizionali.
A Foggia e provincia, la Faib Confesercenti, a fronte della grave crisi sviluppatasi secondo le dinamiche note anche ad altre realtà, ha assunto l’iniziativa di chiedere agli Enti Locali (Sindaco e Commissario della Provincia) e al Prefetto la convocazione delle Aziende petrolifere operanti in Provincia, perché primo pretendano spiegazioni sulle ragioni dell’enorme disparità di condizioni dei prezzi praticati all’Ipercoop e, secondo, mettano in campo tutti gli strumenti amministrativi e di moral suasion per garantire i benefici della concorrenza a tutti i cittadini e non solo ai clienti della Coop.
Urge una forte iniziativa unitaria per rilanciare da una parte l’esigenza di varare un pacchetto anti crisi, ricorrendo ai contratti di rete per i servizi necessari sulle aree e dall’altra per porre alle Autorità cittadine e al Prefetto l’esigenza inderogabile di garantire il servizio pubblico di rifornimento carburanti che la politica predatoria del marchio della GDO sta mettendo a rischio. E’ una questione di governo del territorio. Le Autorità cittadine e provinciali vanno messe di fronte alla responsabilità politica del Governo del territorio. La mobilitazione della Categoria è fondamentale, ma l’articolazione di essa va attentamente valutata. Si considera lo sciopero con la chiusura di tutti gli impianti una scelta sbagliata che rischia solo di penalizzare l’utenza e i gestori stessi. Bisogna mobilitare la politica e l’opinione pubblica.
Lo sciopero in questo senso – e soprattutto in concomitanza con altre manifestazioni di protesta che in tutt’Italia hanno monopolizzato l’attenzione dei media, con atti di violenza e di scontri con le Forze dell’Ordine, aventi alla base altre motivazioni – è, in questo momento, controproducente per i gestori, che regalerebbero altri clienti alla "GDO" e nello specifico all’impianto realizzato nell’area della Coop Estense, senza far risaltare le nostre ragioni.
Nell’ambito di questo ragionamento, la Faib ha dato con senso di responsabilità indicazioni di non chiudere.
Occorre invece denunciare all’opinione pubblica la disparità dei prezzi applicati dalle Compagnie petrolifere che danneggia tutti i cittadini. Bisogna lanciare una grande campagna di mobilitazione per la difesa dei posti lavoro e per abbassare i prezzi su tutta la rete e impedire la concorrenza sleale come è stato fatto recentemente dall’Autorità Antitrust in altro grande pae
se ad economia avanzata, per garantire la piena concorrenza e il livello di presidio dei servizi ai cittadini.
La Faib ritiene che lo sciopero, in questo momento, mette i benzinai contro i consumatori, facendoli passare per quelli che sono contro i prezzi più bassi; inoltre, brucerebbe gli spazi di manovra verso le istituzioni locali che hanno l’obbligo di attivare azioni di "moral suasion" verso le Compagnie. L’obiettivo, invece, deve essere quello di far crescere nell’opinione pubblica la convinzione che risparmiare sulla benzina si può e che tutti i consumatori ne debbono fruire e non solo quelli dell’Ipercoop.
Per fare questo c’è bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica e non irritarla con uno sciopero sotto Natale.
Faib sostiene che la condotta commerciale di Ipercoop sia predatoria e miri a mettere in crisi la distribuzione commerciale della città e del circondario, procurando un grave danno ai cittadini e a tutto il territorio interessato, privandolo di un presidio fondamentale per il diritto alla mobilità delle persone: questo è un problema di governo del territorio e le Istituzioni Locali debbono confrontarsi con questa denuncia e avviare un’azione politica per la difesa dei diritti dei gestori al lavoro e dei cittadini alla mobilità: sono due diritti costituzionalmente garantiti che non sono nella disponibilità del mercato e gli enti locali hanno l’obbligo e gli strumenti per ricondurre gli operatori ad un giusto equilibrio.