Necessaria la svolta negoziale e la razionalizzazione della rete. Dov’è il Governo?
Con la ripresa delle attività, dopo la pausa estiva, si ripropongono tutte le questioni politiche e sindacali che erano rimaste in sospeso: dal rinnovo degli accordi, al caro transazioni dei pagamenti con moneta elettronica, dal crollo delle vendite alla ristrutturazione della rete, dal rincaro dei costi di gestione alla crescita della pressione fiscale fino all’espulsione di un numero crescente di gestori dalla distribuzione.
Settembre annuncia un autunno pieno zeppo di difficoltà e si presenta con il profilo netto della conflittualità, soprattutto verso quelle Compagnie, in primis Eni, che con la loro condotta hanno accelerato le aree di crisi della Categoria.
Così, mentre sono stati calendarizzati i primi incontri con le aziende (il 10 con TotalErg, l’11 con Api-Ip, il 16 con Eni,…), sono già state programmate nelle prime settimane di settembre iniziative di protesta variamente articolate degli impianti in Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Veneto contro Eni.
Si comincia a Rimini, dall’inizio del mese con il superamento del prezzo massimo nei segmenti Fai da Te e Servito e con la sospensione degli acquisti di ordinativi non oil; si prosegue con la Liguria, che ha annunciato per il prossimo 9 settembre la chiusura per 24 ore degli impianti Eni, già comunicata all’Autorità Garante degli Scioperi; a seguire il Veneto, che ha varato diverse iniziative contro la Compagnia pubblica (dal rifiuto dei pagamenti con carte petrolifere aziendali a manifestazioni di protesta più eclatanti, in corso di definizione); per arrivare in Toscana dove la Categoria ha in programma, in assenza di segnali evidenti di cambiamenti, di disattendere dal 1° ottobre l’accordo sul prezzo massimo, sia sul Fai da Te che sul Servito e di spegnere tutti i mercoledì l’H24 Iperself su tutti gli impianti, durante l’orario di apertura. Tutte iniziative già annunciate alla vigilia della pausa estiva e riportate sulle colonne di questo sito.
A Tamoil è stata recapitata la diffida extragiudiziale nella quale le Associazioni, hanno evidenziato come la Compagnia abbia sistematicamente disatteso le previsioni normative e si sia posta fuori dalla normale contrattazione di settore che per Legge regola le condizioni economiche tra gestore e Compagnia e denunciato che il comportamento di Tamoil è dannoso tanto per esse quanto per i singoli loro associati, i quali si trovano così privi dei benefici degli aspetti economici dell’attività derivanti dalla contrattazione collettiva predisponendo il terreno per una class action.
Mentre si rimane in attesa di un segnale di dialogo dalla Q8, divenuta il secondo operatore del mercato nazionale oltre ad essere presieduta dal Presidente dell’Unione Petrolifera.
Tutto ciò mentre monta la rabbia per il caro transazioni dei pagamenti con moneta elettronica imposto dal Governo per i pagamenti superiori ai 30 euro. Una materia sulla quale sta crescendo la volontà di disobbedienza civile, mentre il Governo italiano latita e non dà luogo all’attuazione degli orientamenti europei che indicano, in materia di pagamenti elettronici, l’armonizzazione delle commissioni allo 0,2% per le carte di debito e allo 0,3% per le carte di credito, oltre che a misure speciali di maggior vantaggio per quelle categorie che operano a favore dei soggetti pubblici, come richiede il Parlamento italiano. Cosa fa il Ministro Guidi? dove sta? perché non accoglie le risoluzioni delle competenti commissioni parlamentari oltre che dalla sua stessa maggioranza politica?
Non va meglio sulla tanto attesa ristrutturazione della rete, più volte annunciata e più volte dimenticata in qualche cassetto. Perché il MISE non procede come si era impegnato a fare? Quali ostacoli glielo impediscono? Non certo le Federazioni dei gestori che hanno persino depositato un documento dettagliato in materia.
Il tutto mentre varie crisi vanno a convergere per dar luogo alla tempesta perfetta.
L’entrata del Paese in deflazione, la recessione economica che si protrae oltre ogni aspettativa, il calo di fiducia di consumatori e imprese, la contrazione della domanda interna e la caduta degli erogati dei carburanti vanno ad incrociare crisi internazionali in aree geo politiche a forte rilevanza per l’economia italiana e per l’autonomia energetica del paese. Uno scenario davvero preoccupante.
Un vecchio detto ricorda che dopo la tempesta arriva il sereno. Di temporali in questa pazza estate ne abbiamo visti tanti ma di sereno all’orizzonte ne vediamo ben poco. Così come le previsioni meteo che annunciavano il sole mentre arrivava la pioggia, anche la crisi economica che si protrae ormai dal 2007 non dà segni di ripresa nonostante i proclami interessati di economisti ed esperti che ciclicamente annunciano la ripresa.
Se la crisi ha coinvolto tutti i settori produttivi del Paese bisogna dire che ha colpito con particolare forza la distribuzione carburanti, che purtroppo non si è saputa adeguare ai tempi nuovi ed è rimasta prigioniera di strategie di corto respiro adottate da manager che non hanno saputo guardare oltre il contingente, con continui cambi di obiettivi e strategie. A questo si aggiunge la gravissima crisi della raffinazione italiana. Così oggi, alle nuove sfide di un mondo che cambia velocemente, sommiamo oltre alla crisi economica e dei consumi anche una crisi strutturale del settore e della rete che invece potevano essere governate.
E’ da tempo che denunciamo che è arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti, che non c’è più tempo da perdere, che la rappresentanza dei gestori è pronta a discutere a tutto campo e senza riserve.
Le Compagnie riaprano in maniera convinta la stagione dei rinnovi degli accordi e avviino con i gestori una nuova fase di condivisione delle difficoltà e degli obiettivi, con intese di medio e lungo periodo, capaci di affrontare i tempi critici che si prospettano all’orizzonte.
Il Governo metta mano agli strumenti che ha e faccia rispettare le Leggi, agisca con decisione verso le aree della rendita monopolistica, per esempio sulle autostrade ma non solo, dia un segnale sulla moneta elettronica nel senso auspicato dall’Europa, proceda sulla ristrutturazione.
Se tutto ciò rimarrà nella sfera degli auspici, la crisi sarà ancora più dura per i gestori ma anche per tutti gli operatori della rete, integrati o no, ed anche per i cittadini. Il Governo prenda nota e sappia che nel vuoto dell’iniziativa politica istituzionale ben presto si inserirà un’aspra contesa conflittuale.
Le iniziative di protesta spontanee annunciate dai gestori Eni in varie realtà territoriali prima della pausa estiva è la riprova di uno stato di sofferenza e del superamento del livello di sopportabilità che questa Categoria sta vivendo; un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere sia chi fino ad oggi ha pensato solo a difendere le proprie quote di mercato, con costi altissimi in termini di utili, sia chi occupa posizioni di responsabilità pubblica senza svolgerla.
Nelle prossime settimane capiremo se in questo settore c’è ancora la volontà di rilanciare il lavoro. In alternativa si prospetta un autunno difficile, nonostante la capacità di dialogo che la nostra Organizzazione ha sempre messo in campo, promuovendo Tavoli di confronto.
Il Governo non può non intervenire in questo settore strategico per la mobilità del Paese, per stabilire la legalità a tutela di tutti i cittadini, smontando privilegi e lobby che hanno frenato il rinnovamento; non può pensare solo
a fare cassa con i continui aumenti di accise e balzelli, a danno delle imprese e dei cittadini che hanno sostenuto l’economia nel recente passato. Sarebbe un’omissione e una fuga dalle responsabilità che per un Governo che vuole cambiare verso suonerebbe come un fallimento.
Dal nostro punto di vista, non è più ammissibile registrare uno stacco Italia – questo sì, vero e reale – che è il doppio di quello europeo sulle commissioni della moneta elettronica e regalare al sistema bancario un business milionario, obbligando per Legge l’utilizzo di tale strumento di pagamento. A questo proposito, perché al sistema bancario viene riconosciuto come legittimo il rifiuto di svolgere gratuitamente un servizio alla collettività (quando fu introdotta la gratuità delle transazioni elettroniche al di sotto dei 100 euro, le banche protestarono che non potevano svolgere un servizio a rimessa, perché era contro la logica d’impresa e si regolarono di conseguenza, aggirando la norma con la sostituzione del canone imposto al posto delle commissioni per singola operazione ndr), e invece ai gestori – e a tutti gli esercenti e professionisti – viene negato? Siamo di fronte ad una palese discriminazione tra operatori economici, a favore della lobby bancaria e finanziaria.
Così si stanno mettendo in crisi migliaia di imprese di gestione – ma anche di esercenti e professionisti – chiamate a svolgere gratuitamente un’attività di ricezione che invece si è riconosciuto onerosa per le banche. E’ così che si distrugge il lavoro e la ricchezza di una Nazione, si creano disoccupati, si realizzano aree di rendita parassitaria.
Il Governo sappia che la cinghia è già stata tirata fino all’ultimo buco, i numeri parlano chiaro: i gestori, caricati da costi impropri, non reggono più i bilanci, di questo passo a quelli già chiusi ne seguiranno molti altri, incrementando il popolo dei disoccupati. Altro che nuova occupazione e ripresa, queste politiche, se non vengono cambiate, creeranno solo scorte milionarie per le liquidazioni dei grandi manager petroliferi, bancari, finanziari e delle aziende oligo e monopolistiche.
La vera svolta deve passare dalla razionalizzazione della rete, con la chiusura degli impianti incompatibili e non solo, e da una sana politica che valorizzi gli investimenti fatti ed i servizi agli automobilisti consumatori, mettendo un freno alla selfizzazione selvaggia che i petrolieri stanno portando avanti per accumulare ricchezze a costo di desertificare il territorio.