“Sull’Iva si passi dalle parole ai fatti, perché il Paese è a un passo dal baratro: con un aumento dell’aliquota, i consumi si contrarrebbero ulteriormente e la crisi delle imprese del commercio al dettaglio si aggraverebbe. E lo scenario terribile di un Paese senza più negozi di vicinato rischia di avverarsi”. Confesercenti lancia l’allarme sulla situazione del commercio al dettaglio in Italia, sottolineando la gravità dell’emorragia che ha colpito il settore, dall’inizio del 2013, e l’effetto che l’aumento dell’aliquota Iva potrebbe avere su di esso.
La desertificazione delle attività commerciali in Italia appare essere un fenomeno in continua accelerazione, e potrebbe portare – secondo le stime della Confederazione – alla scomparsa dell’intera rete dei negozi nel nostro Paese già nell’arco dei prossimi 10 anni.
Secondo quanto rileva l’Osservatorio Confesercenti, infatti, nei primi 4 mesi dell’anno ha aperto un solo negozio ogni tre che hanno cessato l’attività circa. Complessivamente, la distribuzione commerciale ha registrato la chiusura dall’inizio del 2013 di circa 21.000 imprese, per un saldo negativo di 12.750 unità.
Se si dovesse continuare così, stima Confesercenti, alla fine del 2013 avremmo perduto per sempre circa 43.000 negozi. “Se l’accelerazione delle chiusure dovesse continuare anche nei prossimi mesi – spiega Confesercenti – perderemo la totalità delle imprese del commercio al dettaglio già nel corso dei prossimi 10 anni. E’ un’emergenza sociale, economica ed occupazionale insieme: se si considera che, mediamente, ogni impresa del commercio occupa tre persone, rischiamo di far crescere la disoccupazione di oltre 120mila unità entro la fine del 2013. Un dato che dimostra ancora una volta che l’Italia non può permettersi la catastrofe del settore commerciale: il conto sarebbe troppo salato”.
“C’è quindi bisogno – è l’appello della Confederazione – di interventi urgenti per facilitare la tenuta delle aziende. Occorre, da un lato, un intervento sulle tasse che schiacciano le imprese e sulle regole di mercato, per evitare distorsioni della concorrenza, così come una maggiore disponibilità di credito per le PMI e una profonda semplificazione burocratica.
Dall’altro, è più che mai necessario un alleggerimento della pressione fiscale che grava sui consumi delle famiglie. Per questo, riteniamo essenziale evitare l’ulteriore aumento dell’aliquota Iva al 22%: avrebbe un effetto depressivo sui consumi, già in crollo dal 2012, e non produrrebbe gettito aggiuntivo per lo Stato. Piuttosto, sarebbe opportuno, al maturare delle condizioni, impegnarsi a riportare l’aliquota Iva al 20%”.