Faib, Fegica e Anisa, con una nota inviata al Ministro dei Trasporti Delrio e a quello dello Sviluppo Economico, Calenda, e alle loro rispettive Direzioni Generali competenti, oltre che al Presidente di AISCAT Palenzona e all’Amministratore Delegato di Autostrade per l’Italia, Castellucci e al Presidente di ANAS, Armani, hanno evidenziato che “nonostante i ripetuti inviti ad adempiere ad oggi ancora esiste una situazione dei gestori delle Aree di Servizio Autostradali non rispondente a quanto previsto nel Decreto Interministeriale del 7 agosto 2015 e nei “Bandi di gara” già esperiti.
Le tre Associazioni denunciano che i prezzi consigliati dagli affidatari dei nuovi servizi non risultano essere corrispondenti a quelli praticati sulla viabilità ordinaria, con ciò creando effetti distorsivi aggravati dal “differenziale” fra erogati in servito ed in self-service che ormai sfiora i 40 €cent/litro (cioè 400 €/mc). Si determina in questo modo una corsa folle al rialzo che è la prima responsabile del continuo decremento delle vendite in Autostrada.
Sugli impianti “food driven” le Associazioni contestano che “sull’indennizzo per i gestori che sono stati espulsi dalla conduzione dell’Area perché affidata ad un operatore non oil (per il quale, come è noto, esiste una convergenza fra UP, Organizzazioni dei gestori ed alcune Concessionarie), è calato un silenzio tombale e la composizione fra le parti diventa sempre più faticosa e, sopratutto, priva di qualsiasi elemento di oggettività.” Ciò non è tollerabile e per questo le Associazioni chiedono immediati chiarimenti prima di ricorrere al Giudice di merito per denunciare questi veri e propri aggiramenti delle norme e dello stesso Decreto Interministeriale.
Sulla vicenda Tamoil, più volte segnalata, Faib, Fegica e Anisa denunciano l’inadempienza dei soggetti destinatari di fronte alla decisione unilaterale di chiudere alle vendite gli impianti posti lungo la viabilità autostradale, violando l’obbligo del “pubblico servizio” senza che ciò determinasse alcun tipo di intervento. Silenzio e inerzia delle Concessionarie interessate, della Pubblica Amministrazione concedente e degli Organi di Vigilanza preposti alla sorveglianza.
A fronte di violazioni continue, come se niente fosse, Tamoil è tornata a “gareggiare” senza alcuna limitazione e senza alcuna garanzia circa il mantenimento della “continuità e regolarità” del pubblico servizio previsto nella L. 1034/70.
Per le tre Federazioni un precedente di questa natura ha determinato un “vulnus” che, difficilmente è sanabile, senza che la stessa Tamoil non venga chiamata a sanare quanto accaduto in precedenza e non si impegni ad applicare tutte le Leggi ivi comprese quelle adottate dal legislatore per regolamentare la materia della contrattazione fra Compagnie petrolifere e gestori. Le tre sigle evidenziano che “se si fa strada il principio che le norme non si applicano, che le Leggi possono essere violate senza alcun “pericolo di sistema” o di interventi cogenti da parte della Pubblica Amministrazione concedente, allora…chi potrà impedire al gestore di approvvigionarsi di prodotti petroliferi da quei soggetti che garantiscono un prezzo minore?”.
Infine sulla questione dei nuovi affidatari non presenti prima nel mercato “oil” Faib, Fegica e Anisa contestano che lo stesso Concessionario avrebbe consentito l’espletamento del servizio con modalità in self service con accettatore di banconote anche al di fuori del tassativo elenco contenuto nell’Allegato 4 del citato Decreto del 7 agosto 2015. Inoltre il nuovo affidatario ha provveduto a proporre un nuovo contratto di comodato al gestore preesistente, ma con un collegato contratto di fornitura a condizioni economico-finanziarie insostenibili per la stessa gestione, inducendo molti ad una volontaria rinuncia al proprio diritto alla prosecuzione dell’attività. Anche su questo caso le Federazioni denunciano l’omissione del MiSE di apertura della Vertenza Collettiva nei confronti di tali operatori che, piu’ volte sollecitati in merito, si rifiutano a tutt’oggi di aprire una contrattazione collettiva aziendale cosi’ come previsto dall’art. 19 della Legge 57/01.
Per evitare la generazione di un diffuso contenzioso che rimetta in discussione i cardini del Decreto Interministeriale del 7 agosto 2015, le Associazioni hanno chiesto un immediato confronto con le parti.
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