Una nuova sconfitta per Tamoil e la sua politica di gestione della rete Distribuzione carburanti.
Ancora una volta scritta nei tribunali della repubblica a cui i gestori sono costretti a rivolgersi in assenza di Accordi rinnovati e sottoscritti tra le parti.
Il ricorso a contratti irrituali, a condizioni economiche decise unilateralmente in forza di un peso contrattuale spropositato, politiche di prezzo penalizzanti, ancorché non condivisi con le Associazioni di categoria, espone la rete a marchio, i gestori e la stessa compagnia alle incertezze delle relazioni non regolamentate, rimesse alla libera e proficua fantasia contrattuale che si muove fuori dall’attuale contesto normativo perimetrato dal:
- Reg Ce 330/2010
- Il D. Lgs. 32/98
- 496/99
- 57/200
- 27/2012
Nel quadro normativo richiamato, le tipologie contrattuali legittimamente utilizzate dai titolari di autorizzazione per affidare in gestione, a qualsiasi titolo, un impianto di rete ordinaria inteso come complesso di beni e attrezzature finalizzate alla distribuzione carburanti sono esclusivamente le seguenti:
- contratto di affidamento in uso gratuito in collegamento funzionale con un contratto di fornitura ovvero somministrazione in esclusiva, sia per la rete ordinaria che per la rete autostradale;
- contratto di affidamento in uso gratuito in collegamento funzionale con un contratto di commissione in esclusiva in forza degli Accordi siglati da Faib Fegica e Figisc con Up, ora Unem e Assopetroli, ai sensi della legge L. 27/2012 sopra richiamata.
Gli aspetti economici e normativi dei contratti di cui sopra sono rimessi dal d.lgs. 32/1998 così come modificato ed integrato dalle leggi 496/1999, 57/2001 e 27/2012, alla contrattazione tra i titolari di autorizzazione e la rappresentanza sindacale dei gestori che hanno effetto ed efficacia fino a che non siano modificate, e/o sostituite, da nuovi Accordi tra le parti.
Ad oggi, dunque, stante il quadro normativo, tutto deve per forza di cosa fare riferimento all’ultimo Accordo sottoscritto tra Faib Fegica e Figisc e la Tamoil stessa del 10 marzo 2005, scaduto il 30 giugno 2006, rinnovato con un accordo ponte il 1° febbraio 2009 scaduto nel 2011; certamente Tamoil non ha sottoscritto con i rappresentanti dei gestori né il contratto di commissione né alcun altra tipologia.
Va da sé che ogni altra formula contrattuale, al di fuori del contratto di cessione gratuita degli impianti in collegamento funzionale con l’acquisto in esclusiva del prodotto regolamentato dall’Accordo economico normativo con Faib Fegica e Figisc, sottoscritta da Tamoil con i gestori è da ritenersi per Faib fuori dal perimetro normativo sopra richiamato e, dunque, non solo invalidabile ma soggetta alla riconduzione giuridica nel quadro normativo vigente.
Perché mai un’azienda strutturata e conosciuta sul mercato debba esporre i propri gestori, ossia la propria forza vendita alle incertezze e alla precarietà, oltre che la propria reputazione di marchio, a tali incredibili scelte è un mistero in attesa di chiarimento. Ma tant’è.
Così la condanna confermata dal Giudice di Brescia fa seguito a quelle del tribunale di Roma.
La gestione di Roma ha lamentato “il mancato riconoscimento dei cali ed il mancato riconoscimenti dei margini” di guadagno previsti per quelle attività che avessero un basso rapporto di gasolio venduto rispetto al venduto di benzina. Una previsione prevista nell’intesa sottoscritta da quell’azienda nel 2005 ormai ampiamente scaduta, pur mantenendo la sua efficacia. “Disattenzioni economiche” che il Tribunale di Roma ha censurato riconoscendo i diritti del gestore.
Per un gestore che ha un margine di guadagno lordo di poco più di tre centesimi al litro, una disattenzione ripetuta negli anni, vale molto, anzi moltissimo. In alcuni casi il gestore ha ottenuto i risarcimenti diretti, in altri è dovuto ricorrere al Tribunale ottenendo un risarcimento di migliaia di euro. Recentemente una nuova causa con le stesse rivendicazioni è stata risolta con successo per i legittimi riconoscimenti di due recenti annualità.
A ciò si aggiunge anche una azione legale intentata dal gestore al quale, nel 2017, l’azienda avrebbe sospeso unilateralmente l’adozione di un prezzo di vendita competitivo nel bacino di riferimento. In questo caso il Tribunale di Roma, pur respingendo il ricorso d’urgenza proposto dalla gestione, in quanto non sarebbe stata dimostrata la gravità imminente che presupponeva il ricorso stesso, ha sancito un altro aspetto degno di nota: se la scelta unilaterale dell’azienda avesse, come sosteneva il gestore, prodotto un danno, questi avrebbe avuto la piena facoltà di far valere i suoi diritti in sede civile.
Dunque, eccoci al punto di oggi: la messa in mora dell’azienda a seguito di questa politica commerciale imposta dalla compagnia al gestore. In sostanza quello che il gestore temeva e denunciava all’autorità giudiziaria è prontamente avvenuto: l’impianto è precipitato nelle vendite al punto di arrivare ad erogati che rendono insostenibile qualsiasi distributore: per gli addetti ai lavori meno di 200 mila litri l’anno, costringendolo alla chiusura. Ancora una volta il gestore si è rivolto all’associazione di categoria per chiedere assistenza e contestare alla Tamoil in primo luogo, “la politica dei prezzi di approvvigionamento e imposti al dettaglio”, che appaiono contrastare in molti punti del complesso delle norme che assistono il settore e i rapporti contrattuali, con particolare riferimento a quelle che stabiliscono che su ogni punto vendita devono essere assicurate ai gestori condizioni contrattuali eque e non discriminatorie, tali da consentire agli stessi di poter competere nel mercati di riferimento e avere dei margini ragionevoli, idonei a coprire i costi di gestione e dell’impianto, oltre che ad assicurare al gestore il proprio sostentamento.
Si ricorda che i comportamenti dei titolari degli impianti e/o fornitori di carburante, che non consentono al gestore di essere competitivo sul mercato di riferimento, integrano l’abuso di dipendenza economica, comportamento sanzionabile dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, qualora tale abuso di dipendenza economica abbia rilevanza sulla concorrenza del mercato e, quindi, determini ingiustificati aumenti di prezzi al dettaglio.
Nel caso di specie, sulla base della documentazione predisposta dal gestore emergerebbe “una politica dei prezzi di approvvigionamento e al dettaglio, nei confronti del gestore, che ha presentato un duplice effetto di violazione della normativa.” I prezzi di approvvigionamento hanno ridotto i margini del gestore previsti dall’Accordo relativo alla rete stradale della viabilità ordinaria sottoscritto da Tamoil Spa con le Associazioni di categoria dei gestori. Sta di fatto che “i più elevati prezzi di distribuzione al dettaglio, imposti al gestore, hanno determinato un notevole calo delle vendite, anche di clienti abituali, che si sono rivolti ad altri impianti limitrofi della stessa Tamoil, e hanno quindi, determinato un ulteriore effetto moltiplicativo sulla contrazione del volume globale dei margini distributivi,” in violazione delle previsioni contrattuali a suo tempo firmate che assumevano ai fini della determinazione dei margini remunerativi quantitativi minimi/medi di erogati.
Gli effetti di questa “manovra a tenaglia”, ovvero prezzi elevati e riduzione delle vendite, hanno indotto il gestore, per recuperare competitività rispetto ai distributori di carburante limitrofi di altre compagnie e della stessa Tamoil, a sacrificare direttamente i propri margini previsti dall’Accordo, per addivenire a prezzi più competitivi; determinando, però, una devastante riduzione dei propri proventi per l’effetto combinato della riduzione del prodotto venduto e dei minori margini conseguiti dallo stesso.
Tutto ciò mentre a Brescia un altro gestore della medesima compagnia vedeva riconosciute le proprie ragioni a conferma di precedenti sentenze e del diritto a condurre il proprio impianto nel pieno rispetto del quadro normativo sopra richiamato.
E’ evidente che il passare del tempo e le crescenti difficoltà della rete carburanti stresseranno ancora di più le precarie condizioni economiche e normative praticate e faranno arrivare al pettine ulteriori contenziosi.
Può una compagnia petrolifera presente a livello nazionale dagli anni 90, con 1.300 punti vendita, con migliaia di addetti, presente su rete ordinaria e autostradale, oltre che nel trasporto aereo, con tanto di autorizzazioni e concessioni, attiva con il proprio gruppo in quasi in mezza Europa, operare in queste condizioni senza che nessuno si periti di dire che tutto questo è fuori dal perimetro della legislazione di settore vigente nel nostro paese?