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EG Italia, un brutto colpo per la Esso e il “petrolio Italia”

La nota congiunta di Faib, Fegica e Figisc/Anisa, ripresa e pubblicata venerdì scorso dalla Staffetta, sulla preoccupante deriva della rete a marchio Esso e sullo scossone al vertice di EG Italia composto tra l’altro, come buona parte del personale, da ex manager Esso, è un altro brutto colpo al buon nome e alla credibilità del “petrolio Italia”. Parliamo della società che nel giugno 2017 ha rilevato l’ultimo “maxi pacchetto” di circa 1.200 punti vendita carburanti ceduto dalla Esso in base al “modello grossista”. Un’operazione, completata nel febbraio 2018, che assicura alla Esso, come per i pacchetti venduti in precedenza, il mantenimento del marchio e la copertura di una quota preponderante del rifornimento di carburanti e lubrificanti. Oltre al controllo della comunicazione, delle iniziative di marketing e delle vendite effettuate attraverso le carte aziendali.

Una nota, quella dei gestori, che in assenza finora di notizie ufficiali da parte dei diretti interessati, EG Italia e Esso, avvalora i più neri scenari, evocati anche in sedi autorevoli, sul futuro della distribuzione dei prodotti petroliferi in Italia. Causati dal superamento della dicotomia pubblico-privato, che negli anni ha garantito importanti sinergie, dall’uscita di scena di molti degli operatori che avevano contributo alla nascita e allo sviluppo dell’industria petrolifera italiana, dalla conseguente polverizzazione degli impianti e, altresì, dal conseguente dilagare dell’illegalità. Con riflessi preoccupanti anche sulla sicurezza dei rifornimenti di una fonte di energia che ancora per molti anni, malgrado il ridimensionamento in atto, dovrà coprire una quota significativa anche del fabbisogno italiano.

E che rimprovera, anche ai retisti che hanno acquistato pacchetti più piccoli, il “dumping contrattuale”, la violazione della legislazione di settore, abusi, soprusi e “taglieggiamento” dei margini, mentre per quanto riguarda EG Italia denuncia, oltre all’assenza di un vertice riconosciuto, il fatto che alcune aree commerciali siano scoperte da mesi; scarsi o inesistenti interventi di manutenzione; perdite di erogato a due cifre, con pricing più adatto a politiche mordi e fuggi che al consolidamento della propria presenza nel mercato nazionale. Un insieme di elementi di giudizio che alimentano voci preoccupanti di possibili spacchettamenti o, peggio, di una cessione dell’azienda.

Un deterioramento di cui la Esso, date appunto le clausole inserite nell’accordo di vendita, non poteva non accorgersi. E che chiama in causa anche i poteri di controllo delle Istituzioni e la mancata vigilanza su quanto sta accadendo.

 

fonte “Staffetta Petrolifera” dell’8 Aprile 2019