Lavaggista-gestore o gestore-lavaggista, Giuseppe Sperduto, presidente di Assolavaggisti-Confesercenti, ha da sempre sensibilità per i temi della categoria. Dedica parte del suo impegno alla crescita e difesa dei professionisti del lavaggio alle prese con concorrenza sleale, innovazione tecnologica, norme ambientali e fiscali.
A tre anni dalla fondazione, Assolavaggisti è presente in tutta Italia? Quali sono le regioni in cui si registra maggiore attenzione all’organizzazione?
Lazio, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Calabria e Sicilia sono le regioni in cui è stata più pronta la risposta degli imprenditori del lavaggio. Assolavaggisti comunque vanta una presenza nazionale diffusa e questa opportunità di sviluppo è data dalle sedi del network Confesercenti, presenti in tutto il territorio. Insomma, un’organizzazione diffusa e presente ma a prevalente trazione Centro Nord, anche se registriamo impegno e attivismo soprattutto nelle due importanti regioni del Sud a cui facevo cenno. Da sottolineare che Assolavaggisti riceve chiamate dirette di singoli operatori da tutto il territorio, in cui si segnalano diversi problemi: soprattutto amministrativi e di concorrenza sleale.
“Lo zoccolo duro” associativo è sempre costituito da gestori-lavaggisti? Come sono i rapporti con gli imprenditori che investono solo nel lavaggio?
Lo “zoccolo duro” è quello a cui si fa riferimento, ovvero i gestori dei distributori di carburanti e al tempo stesso lavaggisti. Anche se io non parlerei più dello zoccolo duro: la rappresentanza, tutta, è in una fase di passaggio cruciale.
Occorre ricostruire la vita associativa riuscendo a fare un giusto mix tra rivendicazione e innovazione, tra contatto diretto e utilizzo dei social.
Ciò vale per entrambe “le categorie”: benzinai e lavaggisti o imprese di solo lavaggio. Queste ultime segnalano le stesse problematiche delle altre, con più intensità: dipende dal contesto in cui operano e in particolare dall’investimento effettuato, che in questi casi è molto elevato e quasi sempre maggiore rispetto ad un’attrezzatura di lavaggio più semplice.
Le stazioni di servizio stanno cambiando, il loro numero si sta gradualmente riducendo, gli indipendenti hanno sempre più stazioni che curano direttamente. Come vede il futuro del lavaggio e del gestore lavaggista nei punti erogazione dei carburanti?
La situazione è molto critica. I costi di gestione, i ridotti margini e soprattutto i costi del personale sono talmente elevati che hanno rappresentato la spinta all’introduzione dell’automazione. In questo contesto di trasformazione, di riduzione della rete distributiva e delle attività, nell’immediato dobbiamo contrastare la concorrenza sleale che si è sviluppata nel Paese, l’illegalità diffusa, censurare comportamenti al di fuori delle regole, far capire agli interlocutori, industria petrolifera, privati e istituzioni, che sulle stazioni di servizio vi è un problema serio e non più rinviabile di sostenibilità economica, nel rispetto, sacrosanto, delle norme. Non ultimo il rapporto con la clientela: un comportamento corretto rappresenta un doppio interesse per i consumatori; un servizio di qualità, corretto in termini ambientali e che ritorna alla comunità in termini di tasse. In termini più generali, dobbiamo aprire una discussione puntando allo sviluppo delle attività commerciali e la qualità dei servizi erogati se guardiamo alla prospettiva: una vera e propria stazione di servizio capace di erogare prodotti di diversa origine, offrire servizi e opportunità di consumo.
Oggi anche il futuro del lavaggio e del gestore lavaggista è a rischio: i servizi tendono a essere sacrificati in nome del prezzo; tendenzialmente la maggioranza di noi è costretta a fronteggiare una concorrenza molto dequalificata.
Quali sono i temi più caldi per gli operatori?
Innovazione e concorrenza sleale sembrano le due facce della stessa medaglia con la quale ci troviamo a fare i conti: comunicazione telematica dei corrispettivi, fatturazione elettronica per le partite iva da un lato, in altri termini l’innovazione dei sistemi di pagamento, della fiscalità e vorrei anche dire del marketing e dall’altro l’apertura di numerose attività di lavaggio minori, con bassi, bassissimi investimenti, che scatenano una concorrenza al ribasso, non qualitativa, rischiando di mettere a repentaglio le attività più strutturate.
I lavaggisti sono coinvolti nella trasmissione dei dati degli incassi delle vending machine all’Agenzia delle entrate, si procede con la giusta gradualità o ci sono intoppi?
Intoppi burocratici ci sono stati, ma ora non più. Semmai il problema è la confusione di notizie, l’intrecciarsi di disposizioni e tempi di adeguamento troppo brevi e la mancanza di una comunicazione univoca. Non abbiamo ancora raggiunto il numero totale di adesione al sistema di comunicazione. Dobbiamo ulteriormente sollecitare la categoria ad adempiere nelle forme e nei tempi. Per questa ragione torniamo sull’argomento in occasione di Oil&nonoil con un convegno sui temi dell’innovazione fiscale, non ultima quella della fatturazione elettronica, per fare chiarezza e sollecitare una risposta della categoria.
Il controllo degli scarichi e lo smaltimento dei fanghi sono operazioni che garantiscono il rispetto dell’ambiente, gli operatori sottolineano difficoltà nel rispetto delle norme?
La questione non è il rispetto della norma in senso stretto, ma dei tempi e dei costi e a volte anche delle attività di verifica: spesso un lavaggio a norma, che ha effettuato gli smaltimenti e le verifiche periodiche costate migliaia di euro, che utilizza costosi prodotti certificati, con attrezzature e depuratori a norma, si trova ad essere interessato da controlli stringenti su aspetti anche marginali, mentre ci sono attività, probabilmente non censite come attività di tipo industriale, che non sempre vengono adeguatamente controllate. Qui si genera un corto circuito.
Ben vengano i controlli ma a tutte le attività. Le difficoltà semmai si incontrano, come dicevo, con le società di smaltimento per costi e tempi di intervento che variano sostanzialmente una dall’altra.
Secondo lei gli automobilisti sono sensibili al tema dell’impianto di lavaggio “ecologico”?
Non tutti e non allo stesso modo. Vorrei dire che la maggioranza dei consumatori è poco informata e spesso è più attratta dal prezzo del servizio al ribasso, piuttosto che del fatto che l’impianto di lavaggio operi nel rispetto delle norme o ponga in evidenza scelte commerciali e ambientali rispettose dell’ambiente. In prospettiva mi auguro prevalga questa sensibilità: per ora è ancora minoritaria.
Quali voci incidono di più nei costi di gestione del lavaggio?
Il costo ovviamente delle attrezzature di lavaggio in primis e i costi connessi di strumenti e organizzazione della stazione di lavaggio e poi nell’ordine: il personale, l’energia elettrica, gli smaltimenti dei rifiuti e le analisi di controllo, l’acqua e i prodotti in uso e tutto questo per stare in regola.
Il fenomeno dei lavaggi che non si attengono a tutte le norme è in calo? E’ un comportamento che si attua solo nei grandi centri urbani? Quali scelte per combattere queste forme di abusivismo che falsano anche il prezzo medio del lavaggio?
Il fenomeno dell’apertura dei lavaggi “artigianali” si continua a diffondere nei centri urbani non solo di grandi dimensioni: ora ci segnalano che queste piccole attività stanno aprendo anche in centri minori determinando una forte concorrenza al “ribasso”, così come ho indicato in precedenza. Lo voglio dire con chiarezza: noi di Assolavaggisti Confesercenti proponiamo di adottare l’Autorizzazione Unica Ambientale come forma di autorizzazione per tutte le attività di lavaggio, sia di nuova realizzazione che in scadenza di rinnovo e proponiamo di censire tutte le attività esistenti, senza distinzione e sottoporle agli stessi controlli.