Faib, dopo la sentenza del tribunale di Milano e in considerazione sia degli altri procedimenti giudiziari aperti che degli gli altri contenziosi in atto, invita Shell a riconsiderare la propria posizione sul mercato italiano e a fermare la reiterata applicazione dei contratti di associazione in partecipazione, che si pongono palesemente in violazione della legge 32/98, come da ultimo riconosciuto dalla VII sezione del tribunale di Milano.
Le Federazioni di categoria , unitamente al Comitato di Colore, invita l’azienda a rientrare nell’alveo della contrattazione come stabilito dalla legge 32 e a riaprire il confronto e richiede un immediato segnale di disponibilità alla ripresa delle trattative e un incontro urgente per affrontare le molteplici e crescenti problematiche insorte che rischiano di sfociare in un complesso ed enorme contenzioso giudiziario.
Sembra sempre più evidente che il meccanismo delle associazioni in partecipazione si qualificano- come emerge da numerosi pareri legali acquisiti- come strumenti di aggiramento della normativa nazionale, qualificandosi come società fittizia e non effettiva, costituita al solo scopo di creare un illegittimo filtro tra l’impresa petrolifera ed i suoi dipendenti, al fine di eludere la normativa posta a tutela dei lavoratori dalla legge 20 maggio 1970 n. 300.
Vanno in questa direzione gli obblighi e le indicazioni di lavoro, la micro disciplina di lavoro, la spoliazione di tutte le prerogative imprenditoriali in capo al soggetto economico.
Faib, già impegnata in affiancamento su diversi contenziosi, rinnova la disponibilità all’azienda a riaprire la questione del rinnovo dell’accordo economico, invitandola ad annunciare da subito lo stop ai contratti e al loro rientro in una sfera fisiologica ristretta alla sperimentazione e alla formazione oltre a fermare la sperimentazione di campagne promozionali vessatorie nei confronti dei gestori a marchio oltre a non esser state concordate.