Faib Fegica e Figisc hanno condiviso, dopo aver svolto valutazioni diverse, un documento unitario sulla vertenza ENI. Il nuovo testo si è reso necessario per far fronte all’esigenza di avere, di fronte al Ministero, una posizione unitaria delle tre associazioni. Posizione indispensabile per consentire al MSE stesso di proseguire nel tentativo di mediazione. Si tratta di un risultato importante. Il rischio vero era di portare al tavolo ministeriale un fronte sindacale disunito di fronte alla proposta aziendale e fornire ad Eni l’alibi per sottrarsi all’obbligo del rinnovo dell’accordo economico, lasciando di fatto i gestori nelle mani della compagnia senza nessuna possibilità di tutela dei propri diritti.
Dividere le associazioni. E’ in questa direzione che probabilmente ha lavorato, in questi mesi, l’azienda petrolifera di Stato con i continui e ripetuti stop and go, i reiterati cambiamenti delle carte in tavola, di modifica degli scenari e degli attori, con l’unico obbiettivo, tra l’altro perfettamente riuscito, di creare quel clima di tensione e nervosismo all’interno delle organizzazioni sindacali e dei gestori, rendendo impossibile il proseguo del confronto unitario. E in questa direzione si stavano mettendo le cose, con le tre associazioni pronte ad elaborare documenti divisi. Il senso di responsabilità e l’attaccamento alle esigenze di tutela e di rappresentanza della categoria hanno prevalso sulle legittime e diverse sensibilità. E’ stato dunque preparato un documento che tenta una mediazione tra le diverse aspettative, nel tentativo – ad oggi riuscito – di trovare una intesa finalizzata alla redazione di un elaborato che contenesse i principi irrinunciabili delle tre associazioni, intorno al quale il Ministero si potesse esercitare per trovare un indicazione di lavoro nel confronto con le proposte dell’azienda.
Il testo unitario chiarisce nella forma e nel merito che la categoria è unita, al di là delle diversità di impostazioni e di visioni, e che il tentativo dell’azienda di dividerla è fallito. A questo punto l’azienda deve tornare al tavolo ma sapendo che non può giocare su tavoli diversi. Il fronte, ricompattatosi, ha rilanciato la sfida sul terreno del negoziato, riavanzando la richiesta di adeguamenti economici, scendendo sul terreno del rinnovo dell’accordo e delle innovazioni nel quadro di compatibilità con il contesto normativo vigente. E’ da questo dato che si riparte.
Le parti unitariamente hanno ribadito che al di là delle chiacchiere l’azienda leader di mercato non può sottrarsi al rinnovo dell’accordo economico: deve, innanzitutto, metter mano al portafoglio ed adeguare i margini pro litro, sanare il pregresso, così come hanno fatto tutte le altre compagnie petrolifere, affrontare la partita della crescita delle spese di gestione che non possono essere elegantemente slittate al gestore: esse attengono alla proprietà e la proprietà deve farsene carico. L’azienda adesso sa che si discute di flessibilità, ma che non c’è trattativa se non si affrontano i temi dei contratti non oil e – per parte nostra – delle necessarie tutele e del diritto di prelazione. Che i tavoli tecnici debbono insediarsi contemporaneamente. Che occorre bloccare le associazioni in partecipazione.
Facendo un po’ di cronistoria possiamo dire che la richiesta ministeriale, di fornire un’unica controproposta sindacale, ha di fatto aperto una fase nuova della trattativa, rispetto al contesto nel quale la Faib maturò la decisione di ritirare il Memorandum. Fermo restando la nostra deliberazione, quella decisione fu illustrata nell’ultimo incontro ufficiale, il 20 febbraio u.s., in sede ministeriale, e suonò come un campanello d’allarme di una situazione che rischiava – e rischia – di sfuggire di mano a tutti i soggetti coinvolti, quando Faib disse: “basta chiacchiere è ora di portare fieno in cascina”. Quella decisione rimane valida ed è la posizione di Faib nei confronti dell’azienda. Cosa diversa è il documento unitario che non rimette in discussione le decisioni avanzate da Faib, seppure in un quadro più avanzato come è quello delle relazioni interassociative: netta separazione della trattativa economica come condizione indispensabile alla prosecuzione del confronto. Questo è ben rimarcato, come anche il concetto di sperimentalità e l’idea di assumere al centro delle novità che concernono la flessibilità l’Accordo interprofessionale, oltre all’ abbandono delle associazioni in partecipazione da parte di ENI, alla revisione dei contratti non oil, alla condivisione oggettivizzata dei criteri e parametri quali-quantitativi, alla reciprocità e al quadro di garanzie a tutela dei gestori. In questo contenitore, rappresentato dall’ interprofessione, libero da condizionamenti, si potranno delineare i meccanismi atti a disciplinare le proposte introdotte e l’architettura di discesa ai gestori, in un quadro di garanzie di forte potere contrattuale, derivato dall’unità delle tre associazioni, per ipotesi oggettive, contestabili e verificabili.
In questo nuovo contesto l’unità sindacale assume nuovo vigore, perché la richiede la base associativa, perché l’unità della categoria è fondamentale per le grandi sfide, perché c’è la consapevolezza che disuniti si è tutti più deboli di fronte alla controparte sia essa datoriale sia essa concorrenziale. Procediamo dunque nell’unità, senza tuttavia sacrificare nessuna delle posizioni espresse in questi mesi di intense trattative né facendo passi indietro, consapevoli delle diverse sensibilità ma con un unico obbiettivo: la difesa dei diritti della categoria e la salvaguardia del ruolo sindacale. Possiamo dire con coerenza di aver lavorato con convinzione al rinnovo dell’accordo economico e di aver fornito al confronto tra le parti gli argomenti necessari ed utili a mantenere in piedi il tavolo, rimarcando le distanze e le differenze quando necessario.
L’unità sindacale non poteva venir meno soprattutto al tavolo ministeriale, sede in cui pendono in maniera diversa i destini della categoria. Portare in quella sede le divisioni del fronte sindacale avrebbe significato da una parte annullare 15 mesi di lavoro e dall’altra depotenziare gli altri tavoli di confronto, a cominciare da quello del Protocollo d’intesa, tavolo in cui sono presenti molti dei temi di riforma necessari al rilancio della categoria.(bonus fiscale, non oil, riforma della struttura rete, diritto di prelazione, obbligo di fornitura in esclusiva, separazione della rete…). Quei temi stessi a cui ci eravamo ispirati già il 15 gennaio 2008, anticipando con coraggio la volontà e l’esigenza di rivedere e ridisegnare le regole di questo settore insieme a tutto il mondo petrolifero, ma che qualcuno non ha voluto affrontare godendo di condizioni privilegiate.
Oggi più che mai c’è bisogno di rilanciare quelle proposte, altrimenti la nostra categoria rimarrà schiacciata da una concorrenza sleale dettata dall’arroganza e dal monopolio oltre che delle compagnie petrolifere (vedi gestione dirette e associazioni in partecipazioni di Shell) dai nuovi soggetti che entrano sul mercato della nostra rete come la GDO e l’avvento delle pompe bianche, riservandosi regole che alla nostra categoria vengono negate. E’ a quel tavolo che si discute del futuro dei gestori, delle modifiche contrattuali per rimanere protagonisti in un mercato in continua evoluzione. Presentarsi divisi o addirittura rifiutare quel confronto vuol dire venire meno alla natura stessa dell’essere sindacato e far decid
ere agli altri il nostro avvenire.
Rimarchiamo – per la vertenza ENI – che rimane prioritaria la chiusura della parte economica, per portare serenità al settore e dimostrare la buona volontà da parte di chi in questi mesi ha giocato a fare il prestigiatore; che continuiamo un confronto su aspetti contrattuali che debbono raccogliere le esigenze di tutte le parti al tavolo. Il confronto negoziale non è una gabbia, le parti sono sempre libere di alzarsi, in qualunque fase della trattativa che non trovi il consenso della categoria. Siamo al tavolo vigili e attenti ai nostri diritti e ai nostri doveri di rappresentanza. Rimanendovi abbiamo sottolineato la disponibilità a discutere, abbiamo rimarcato la forza dialettica e antagonistica del confronto, a partire dalle posizioni Faib di irrinunciabile difesa dei diritti, di contrasto alle pretese aziendali, di tutela delle garanzie contrattuali.