L’intesa con ENI è maturata dopo una lunga e complessa fase negoziale, che si è protratta per un biennio e si è conclusa a tre anni dalla scadenza dell’ultimo accordo siglato nel 2009.
Questa lunga fase è stata caratterizzata anche da aspre tensioni che hanno reso necessario persino l’attivazione del tentativo di mediazione della vertenza, svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico.
L’accordo giunge, dunque, alla fine di un negoziato molto complesso ma che pone nuove basi per la ricostituzione di relazioni industriali e sindacali, recentemente più volte messe radicalmente in discussione.
Questo Accordo è ora al centro delle analisi degli operatori e delle Associazioni di Categoria che hanno convocato i propri organismi statutari per la valutazione complessiva.
C’è da dire subito – per sgomberare il Tavolo da polemiche pretestuose – che esso è il risultato del lavoro di migliaia e migliaia di persone, che si sono incontrate in questi due anni e discusso a tutti i livelli e in tutte le sedi territoriali, apportando idee, critiche, obiettivi; e di decine e decine di persone che hanno partecipato in prima persona alle trattative ai tavoli sindacali.
Detto ciò, in queste ore abbiamo registrato opinioni e pareri discordanti e anche aspre – poche – e contraddittorie critiche.
E’ evidente che un Accordo tra parti diverse non può rappresentare la vittoria degli uni contro gli altri, non è questa la chiave di lettura con cui si può leggere il rinnovo di un accordo.. E’ chiaro che il testo condiviso tra Eni e Faib, Fegica e Figisc recepisce e contempera le esigenze dei gestori con quelle dell’azienda e quelle dell’azienda con quelle dei gestori, in una logica di confronto, pragmatismo e di visione del futuro della categoria.
Per analizzare compiutamente i risultati ottenuti con il rinnovo dell’Accordo occorre svolgere un’opera di contestualizzazione dello stesso.
Non si può ignorare che dal 2009, anno della sigla dell’ultimo accordo, la distribuzione carburanti in Italia ha conosciuto continue performance negative, in termini di erogato e in termini di marginalità, senza considerare che nell’ultimo quinquennio tutto il settore petrolifero ha perso circa il 35% della forza lavoro. La generale difficoltà del settore ha poi generato tensioni tra gli attori, dalle vere e proprie guerre dei prezzi, (con la complicità attiva delle petrolifere, che hanno attuato il saccheggio del margine del gestore, decretandone l’impoverimento), alla chiusura negoziale operata dalle compagnie, alle politiche di delegittimazione della rappresentanza sindacale per avere mano libera sulla rete nella pratica dell’one to one, tanto più criticabile quanto più evidente era la disparità dell’equilibrio contrattuale tra le parti.
Lungo questo percorso l’Eni ha fatto da battistrada, cambiando nell’arco preso in esame tre Direttori Rete e tre Direttori Generali della competente divisione, ora accorpata a quella del Gas. Un’involuzione che ha portato l’azienda quasi a perdere un terzo della propria quota di mercato, mentre procedeva spedita, tra le critiche e le opposizioni delle Federazioni dei gestori, lungo la sperimentazione dei cluster, dell’Iperself h24, dello scontone estivo (insieme clamoroso autogol commerciale e tentativo maldestro di auto sponsorizzazione politica del management dell’epoca) duramente contestato dalle Associazioni sindacali. La compagnia, pur rimanendo market leader, ha registrato una vera e propria emorragia di quote di mercato. Da allora la sofferenza sulla rete a marchio è peggiorata: i gestori hanno visto assottigliarsi la loro redditività (-20% in media); aumentare i costi di gestione (+ 20% ), inasprire gli oneri commerciali (+40% tra partecipazione forzosa ed onerosa a campagne sconto e pratiche intra brand).
In questo carosello incredibile di errori e occasioni mancate, c’è stato persino il tentativo di “Autarchia legislativa” che portò il 3 marzo scorso all’avvio della procedura di mediazione della vertenza collettiva ex Articolo 1, comma 6 del D. Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, presso il Mise. Con l’Eni che insisteva con il contestare – con un interpretazione cavillosa, destituita di ogni fondamento – l’avvio stesso della procedura di mediazione che – a suo dire – non si sarebbe dovuta applicare in quanto la Compagnia non sarebbe stata una parte “collettiva”. Il Mise fu costretto: 1) a ribadire che la convocazione rientrava pienamente nel quadro legislativo vigente e si svolgeva nell’ambito della normativa di settore, ai sensi della 32/98 così come innovata dalla 57/2001, e 2) ad invitare l’Azienda petrolifera ad eliminare dal confronto con la rappresentanza dei gestori quegli elementi contrattuali estranei alla materia del rinnovo degli accordi (n.d.r.: proposta di nuove tipologie contrattuali, contratto di commissione, non applicabilità della legislazione speciale di riferimento, incompetenza del Ministero ad avviare le procedure di mediazione….) e di valutare in modo concreto e costruttivo esclusivamente le parti attinenti al rinnovo dell’accordo scaduto a dicembre 2011.
Si voleva mettere in discussione il quadro legislativo e la cornice normativa negoziale con bizantinismi che hanno bruciato tutta la prima parte del 2014, accumulando ritardi ed errori. Solo a settembre, di fronte alla chiusura istituzionale, l’azienda nella comunicazione di invito al Tavolo negoziale, cominciò a riparlare apertamente di incontro per il rinnovo dell’accordo, superando i trucchi semantici che l’avevano sospinto in un labirinto senza uscita, né dal versante ministeriale nè da quello industriale.
In mezzo c’è da ricordare la contestazione verso il modello ghost, che rappresenta la negazione del modello Eni Station e prefigura il tentativo di espellere i gestori dalla rete, la politica portata avanti dall’azienda sui cluster e sulla discriminazione dei prezzi, che scarica i costi sui gestori, depredando il margine riconosciuto nel Contratto Nazionale.
Questi fatti portarono a mobilitazioni, proteste e prese di posizione a livello nazionale e territoriale (per quanto riguarda Faib, in Liguria con una giornata di sciopero, in Romagna, in Toscana, Piemonte, Lazio, Veneto, Calabria con altre forme di proteste…). Si contestava il mancato rinnovo dell’Accordo e le difficili condizioni economiche, l’uso di cluster incredibili nelle stesse aree, rimessi alla determinazioni di agenti territoriali avulsi da una logica di governo aziendale; la cattiva assistenza e l’assenza di manutenzione; si richiedeva la riaffermazione del ruolo del gestore e la redditività delle gestioni, l’intangibilità del margine, la necessità di garantire concorrenzialità e condizioni eque e non discriminatorie.
L’accordo matura in questo quadro a partire da settembre ottobre, con la definitiva maturazione di tutte le parti intorno al tavolo della necessità dell’accordo e del superamento del muro contro muro.
Rispetto alle condizioni illustrate, l’intesa segna un decisivo punto di passaggio con l’archiviazione di argomentazioni strumentali e l’avvio del confronto vero su tematiche che per tutto il 2014 il sindacato ha sempre sottolineato: centralità del gestore, intangibilità del margine, condizioni eque e non discriminatorie, recupero delle risorse per la rete a marchio.
Venendo all’intesa riteniamo che, nel quadro di riferimento sopra accennato e riportato nelle premesse dell’accordo, essa getta le basi per una rinnovata condivisione del futuro della distribuzione carburanti sia in termini di decisa discontinuit&agra
ve; con le scelte compiute in passato, sia in termini strategici, dichiarando da una parte la necessità della razionalizzazione della rete distributiva e rilanciando dall’altra un’idea di distribuzione carburanti che mette al centro la professionalità e la qualità del servizio.
Non è di poco conto aver riaffermato la centralità del servizio all’automobilista sul punto vendita, aver riposizionato il gestore al centro della semplificazione dell’offerta commerciale, facendo ruotare intorno alla sua figura professionale la gestione aziendale del piazzale, fuori e dentro. Riportare il self pre pay esclusivamente all’attivazione durante le ore di chiusura costituisce un importante passo indietro dell’azienda, un riconoscimento degli errori commessi rispetto alle recenti scelte e alle richieste del sindacato, e indica anche delle opzioni di politica industriale. La semplificazione operata costituisce per l’azienda “un valore aggiunto” per la rete a marchio, incentivata da precise previsioni contrattuali.
La stessa affermazione che il modello ghost non risponde alle politiche aziendali rappresenta, in questo momento per la rete italiana, una chiara indicazione di marcia, al di là delle facili polemiche, e mette un freno a quella politica spinta di selfizzazione della distribuzione in cui la differenza la facevano solo il prezzo e gli sconti, vanificando la professionalità e la competenza del gestore, oltre a tutti gli sforzi commerciali e agli investimenti sui servizi fatti sugli impianti.
Sulle condizioni economiche abbiamo evidenziato che esse risentono dello straordinario momento di difficoltà dell’intera rete e confermano i valori di riferimento medi del settore, unitamente all’introduzione di istituti giuridici e contrattuali che sanciscono la pienezza ed effettività del margine e parità di condizioni concorrenziali, tali che esse possano “reintegrare condizioni generali di produttività e remuneratività”. Su questo punto occorre anche sottolineare- soprattutto verso coloro che rimproverano al sindacato un atteggiamento troppo accondiscendente verso l’azienda- che sono stati gli stessi gestori ad aver accettato sconti e margini molto più bassi di quelli in fattura, mentre le Federazioni invitavano a non sottoscrivere le proposte aziendali. Oggi il sindacato va a recuperare gli errori commessi sia dall’azienda che da chi l’ha seguita.
Sotto questo punto di vista, la previsione contenuta nel prezzo di cessione nel medesimo micro mercato di riferimento, (che impegna Eni a vendere ad ogni singolo gestore a condizioni eque e non discriminatorie i carburanti, in rapporto alle modalità di vendita e alle caratteristiche dell’impianto e delle condizioni competitive del micro mercato, riaffermando una norma imperativa di legge), apre nuovi spazi contrattuali tra le parti, riequilibrando i ruoli e i pesi. Ma non può sfuggire che dalla riaffermazione normativa scaturisce anche una revisione necessitata delle dinamiche del mercato extrarete, e un’”armonizzazione” del prezzo di riferimento offerto su scala nazionale. Riteniamo che questa previsione contrattuale possa accelerare il processo di riallineamento dei prezzi rete extrarete, innescando un meccanismo che va verso la chiusura della forbice del pricing, che nel corso degli anni è andata allargandosi, ponendo in seria difficoltà i gestori della compagnia. Se in questo momento una delle principali preoccupazioni dei gestori a marchio riguarda la capacità dell’azienda di rendere competitivi i propri impianti è altrettanto vero che l’azienda deve recuperare redditività e la clausola in esame è un opportunità che non può lasciarsi sfuggire, rischiando in caso contrario un generalizzato e insostenibile aumento dei costi derivato dal meccanismo di riequilibrio attivato.
Ciò rappresenta un fatto assai significativo, ma il lavoro da svolgere, sotto questo profilo, non può dirsi certo concluso e l’accordo espleterà i suoi effetti se il sindacato nella sua interezza e i gestori tutti sapranno valorizzarlo e rispettarlo.
Né è di minore portata la previsione delle condizioni economiche praticate laddove essa afferma che sono “condizioni minime riconosciute nell’esclusiva disponibilità del gestore” e comunque fino a “nuovo accordo”- ferma l’inviolabile libertà dello stesso – e ci mancherebbe altro – di “sviluppare autonome iniziative”. Ma ciò significa che non possono più essere fatti accordi “one to one” e che l’azienda stessa vi ha rinunciato.
Anche qui sono intervenute critiche, ma occorre anche saper valorizzare e distinguere la previsione e gli spazi che l’intesa costruisce a tutela dei gestori e la capacità dei singoli di difendere i propri diritti, certamente d’intesa con il proprio sindacato.
Certo gli aspetti economici non sono pienamente soddisfacenti, ma gli spazi che sono stati aperti possono compensare le aspettative e rilanciare il ruolo del gestore per garantire quel servizio apprezzato da tanti consumatori, allontanando il rischio di un impoverimento generale della rete, della desertificazione delle aree, della espulsione massiva degli operatori.
L’accordo delinea un percorso evolutivo che necessita di accompagnamento, richiede un’attenta opera di attuazione, ma fornisce una prospettiva ai gestori a marchio e delinea un orizzonte operativo, riafferma il rapporto con l’azienda, gettando nuove basi per garantire lavoro e futuro.
In conclusione – anche se siamo solo all’inizio del nostro dibattito – riteniamo che certamente oggi più che mai occorre coesione, unità di intenti, capacità di mettere da parte le facili critiche e convinzione pragmatica di affrontare le questioni che la nostra epoca ci pone, sapendo che l’Eni, sotto la pressione delle associazioni di categoria, per il fallimento delle sue politiche, fa un’oggettiva inversione di marcia.
Ora bisogna incalzarla sottolineando che l’accordo di solidarietà sottoscritto richiede il pieno rispetto dell’intesa, a cominciare con il garantire concorrenzialità ai propri gestori.
Ora finalmente si riparte, con difficoltà e nel mezzo della crisi, dal gestore, il servito, il fai da te ovvero dalla rete….e non dai ghost.
Ci aspettiamo da questo accordo il massimo rispetto nella sua applicazione e chiediamo a tutti i colleghi e strutture territoriali la massima collaborazione , pronti a denunciare anche il minimo comportamento non coerente con quanto previsto nell’intesa.
Gli accordi sono fatti per i gestori ma siamo noi gestori che lo dobbiamo difendere, pretendendone l’applicazione e denunciandone le violazioni.
E’ il gestore che deve pretendere il rispetto dell’intesa, l’intangibilità del margine e delle condizioni eque e non discriminatorie sancite nell’intesa, senza cedere a quelle tentazioni che lo portarono, per un litro in più, a sacrificare il proprio margine ben oltre quanto le intese avevano stabilito….
Adesso tutti abbiamo uno strumento in più.