Da Agra News n°10-11, Ottobre Novembre 2014 – Sergio Auricchio
Personalmente sono stato sempre a favore delle liberalizzazioni delle attività commerciali (orari prolungati, aperture domenicali, ecc.), ma osservando quanto succede nelle nostre città devo ricredermi. Complice la crisi, salumerie storiche, librerie con un passato di oltre cento anni, negozi di abbigliamento frequentati dai nostri genitori chiudono e vengono sostituiti da negozi di frutta e verdura, rivendite di bevande, kebab, ecc. Si dirà, che c’entra questo con le liberalizzazioni? C’entra eccome. Non è un caso che questi nuovi punti vendita, gestiti spesso da extracomunitari, sono aperti giorno e notte e in molti casi fungono anche da “casa” per i titolari. Si dirà che è una comodità per coloro che possono approvvigionarsi di frutta e verdura anche alle 11 di sera. Forse, ma a che prezzo? Intanto chi gestiva attività di vicinato nel settore alimentare, non disponibile a tenere aperto l’esercizio anche nelle ore notturne, ha chiuso; inoltre un commercio senza regole fa sì che in una via nei pressi della mia abitazione in duecento metri siano sorti tre negozi di frutta e verdura. Per non parlare delle condizioni igieniche in cui sono conservati (o meglio non conservati) i prodotti in punti vendita non dotati di frigoriferi o di scontrini e adempimenti fiscali. In pochi anni sta cambiando il volto delle nostre città. Dal degrado del commercio inizia il degrado della città. Gli esercizi commerciali più interessanti, le griffe della moda, le gioiellerie, che in città sono sostituiti dai compro oro, si trasferiscono nei centri commerciali e negli outlet, sempre più affollati. In passato c’erano i vituperati piani del commercio che almeno davano indicazioni su tipologia e numero di esercizi commerciali previsti in una determinata area. Poco tempo fa a Roma in Viale Marconi aveva aperto una grande libreria di 800 metri quadrati, a distanza di un anno a 100 metri ha aperto uno store della Feltrinelli e naturalmente la libreria ha chiuso bruciando lavoro e risorse. Paradossalmente la pianificazione commerciale eliminata dalle città è presente nei centri commerciali dove i gestori organizzano gli spazi in modo che le diverse attività non siano in conflitto con le altre e nell’insieme l’offerta per i clienti sia la più ampia e qualificata possibile. I nostri centri storici iniziano a desertificarsi e vengono abbandonati a se stessi e con la scomparsa dei negozi, scompaiono i clienti e la città muore. Forse è troppo tardi, ma credo che vi sia oggi la necessità di rivedere una legislazione che alla prova dei fatti sta provocando conseguenze irreparabili.