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Studio Faib, la mancata ristrutturazione della rete e la pressione fiscale alla base della crisi della distribuzione carburanti. Il Governo vari il piano di intervento sollecitato dalle Associazioni e tagli il carico fiscale

Il Report trimestrale della Faib evidenzia come la mancata attivazione dei processi di razionalizzazione e ristrutturazione della rete da parte del Governo stanno determinando la forte crisi e la chiusura forzata delle gestioni, fuori da ogni logica programmatoria e di governo e presidio del territorio.
Una situazione che diventa sempre più difficile, aggravata dal pesante fardello determinato dalla pressione fiscale dello Stato.
E’ quanto emerge dal Report periodico della Faib che sottolinea che l’Italia continua ad essere il Paese con maggior numero di punti vendita carburanti. A sostegno dell’insostenibilità dell’attuale rete il dato relativo al parco auto che pur avendo a fine 2011 raggiunto i 37 milioni di unità, secondo per numerosità solo alla Germania, il numero delle vetture per punto vendita, risulta pari a 1.657, più basso di quello del Regno Unito, della Germania, della Francia, della Spagna e della maggior parte dei Paesi europei.
A riscontro anche l’erogato medio nel nostro Paese che risulta pari a poco più di 1,3 milioni di litri per anno, di molto inferiore alla media europea (di 2,3 milioni). Il distacco è pronunciato rispetto alle principali economie europee.
Sul fronte dei consumi di benzina sp sulla rete ordinaria registrano ormai da più di dieci anni variazioni anno su anno negative di sempre maggiore entità. Il 2013 ha fatto registrare un -5,4% rispetto al 2012 e nei primi 4 mesi del 2014 i consumi di benzina sono scesi del 3,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In termini di litri si passa dai quasi 12 miliardi del 2002 ai 6 miliardi del 2013 e si stima di scendere ulteriormente nei prossimi anni. La variazione tra il 2002 e il 2013 è del 49%.
I consumi di gasolio su rete ordinaria hanno invece registrato variazioni positive fino al 2010 (eccezion fatta per il 2008) poi anche per questa tipologia di carburante è arrivato il segno negativo. Nel 2013 i consumi si riducono dell’4,4% rispetto al 2012 e nei primi quattro mesi del 2014 si registra un -1,5%; in termini di litri i consumi del 2013 si mantengono più bassi dei livelli del 2005.
A soffrirne è complessivamente la voce di spesa dei “trasporti” che assorbe circa il 12% della spesa complessiva per consumi e ha registrato nel 2013 rispetto all’anno precedente un -3,3%, mentre per il 2014 si stima una contrazione prossima al -1%.
Sulla questione prezzi, sempre al centro dell’attenzione dei media, molto spesso in modo strumentale, nel 2013 e nei primi mesi del 2014 i prezzi al consumo dei carburanti tornano a registrane, anno su anno, variazioni negative. Guardando agli ultimi dieci-undici anni, si possono fare dei distinguo importanti. Tra il 2004 e il 2008 i prezzi sono sempre cresciuti, poi nel 2009 si assiste a un crollo, e poi a una ricrescita tra il 2010 e il 2012. Infine negli ultimi due anni fanno registrare di nuovo delle variazioni negative, anche se di minore entità rispetto al 2009.Ciononostante i prezzi italiani continuano ad essere i più alti d’Europa, a causa della fortissima incidenza della pressione fiscale esercitata da accise ed IVA.
Con la tassazione imposta sulla vendita di benzina e gasolio sulla rete ordinaria, lo Stato ha ottenuto nel 2013 risorse pari a circa 17,9 miliardi di euro, 161 milioni in meno rispetto al 2012. Il 2009 era stato l’unico anno in cui il gettito fiscale da IVA e accisa su benzina e gasolio rete era diminuito rispetto all’anno precedente.
A rimetterci di questo passo sarà anche lo Stato che forse potrebbe imparare la lezione che a furia di aumentare accise ed IVA, diventato il metodo privilegiato per tappare i buchi che si aprono nel bilancio, i conti non tornano. Si fanno chiudere le imprese di gestione e lo Stato incassa meno.
E a dirlo ormai non ci sono solo gli operatori economici e le Associazioni di imprese.
Di recente, l’Economista di Stanford, Arthur Laffer, consulente di Ronald Reagan, autore della famosa "curva" che porta il suo nome, a proposito dell’Italia ha dichiarato che "più cresce la curva della pressione fiscale e più le entrate del fisco crollano. Bisogna riconoscere una volta per tutte che gli eccessi tributari sono dannosi per l’economia. Non c’è bisogno di ulteriori dimostrazioni: in Europa, e in Italia in particolare, è stato superato ampiamente il livello di equilibrio, il punto oltre il quale se si aumentano le tasse diminuiscono le entrate dello Stato. Se si aumenta troppo l’imposizione, le entrate fiscali anziché salire crollano. Le Aziende chiudono, si perde la spinta a intraprendere attività economiche. L’imposizione del 100% è uguale a quella dello 0%: va identificato il punto oltre il quale la tassazione diventa dannosa. Troppe tasse riducono la volontà di investire e lavorare. Bisogna pagare meno ma pagare tutti.”
“Siamo a livelli insostenibili – ha dichiarato il Presidente della Faib, Martino Landi –  e il combinato disposto che si è innescato tra riduzione dei consumi e aumento di accise ed IVA sta determinando il collasso della distribuzione carburanti italiana. Infatti stando ai numeri – prosegue Landi – con l’aumento dell’IVA dal 21 al 22% e con quello dell’accisa su benzina e su gasolio, in un quadro immutato del potere d’acquisto e della fiducia dei consumatori, è sicuro che i consumi continueranno a contrarsi. Ipotizzando nel 2014 un calo analogo a quello del 2013, l’incremento delle accise e dell’IVA non porterebbe ad un aumento di gettito, anzi ci sarebbe, a parità dei prezzi dei combustibili, una riduzione di circa un miliardo di euro. Occorre diminuire la pressione fiscale sui carburanti, perché su di essi si riverberano effetti a raggiera su tutta l’economia, e fare le riforme attese.”

Leggi il Report di Faib