Siamo ad un passaggio storico di transizione e innovazione della rete che il settore può affrontare solo sviluppando qualità e legalità
D.- Presidente il 2023 è stato un anno intenso di impegni per la categoria. Che bilancio traccia?
R.- L’anno che sta terminando si è aperto nel mezzo delle polemiche dovute al prezzo dei carburanti lievitati in seguito alla decisione del Governo Meloni di introdurre a pieno le accise che il Governo Draghi aveva tagliato. Da quella decisione sono derivate tensioni e proteste con la proclamazione da parte della categoria del primo sciopero generale contro il Governo Meloni. A seguito di quella decisione il Governo aprì il tavolo di confronto prima a Palazzo Chigi e poi al Ministero delle imprese e del made in Italy per affrontare i temi della filiera petrolifera con le Associazioni dei gestori. Da un male, ossia l’introduzione di un inutile ulteriore cartello dei prezzi medi, nacque un’opportunità, vale a dire l’apertura di un Tavolo di lavoro in sede governativa inseguita negli ultimi anni per riformare la distribuzione carburanti. Un’opportunità che è tuttora aperta e rappresenta un’occasione storica. Da questo punto di vista l’anno trascorso apertosi malissimo ha poi virato verso una rotta che potrebbe portare alla Riforma del settore, se tutte le parti in campo saranno in grado di assumere le decisioni necessarie. Bisogna anche dire che il Governo, in questa fase, ha dimostrato di saper ascoltare- e attendere- le istanze della filiera e, fino a questo momento, non ha operato forzature. Siamo ad un passaggio cruciale di transizione e innovazione della rete che il settore può affrontare solo ripristinando la piena legalità, che per noi significa la riaffermazione dei diritti della categoria. Possiamo dire che la Riforma del settore è anche nelle nostre mani.
D.- Presidente torniamo un attimo all’introduzione del cartello del prezzo medio e alle tensioni di inizio anno…
R.- Tutto nasce dalla reintroduzione piena delle accise operata dal Governo in carica. Quella decisione fece crescere il prezzo al consumo di benzina e gasolio con grande disagio per i cittadini e per le imprese. Il Governo aveva bisogno di soldi e li prese dove era sicuro di trovarli. A quella decisione avrebbe dovuto accompagnare una scelta politica di assunzione di responsabilità di fronte all’opinione pubblica invece di scaricare le responsabilità del caro benzina prima sui gestori e poi sulla speculazione internazionale. Non era vera né la prima né la seconda motivazione addotta. I fatti lo hanno dimostrato. I numeri ufficiali, quelli del Ministero delle Imprese e del made in Italy e del Garante dei prezzi, hanno evidenziato che la filiera italiana in termini di gestione dei prezzi complessivamente adottati è più efficiente ed efficace di quella dei nostri principali partner europei: al netto del prelievo fiscale il prezzo dei carburanti in Italia costa meno che in altri paesi europei. Questo è il fatto. E invece il Governo ha provato a scaricare le responsabilità prima sulla nostra categoria e poi- di fronte alle proteste delle nostre Associazioni e alla proclamazione di sciopero- ha spostato il tiro verso la speculazione internazionale, che è come tirare la palla in tribuna. Non contento per dare un segnale all’inquieta opinione pubblica di presidio del prezzo si è inventato un cartello tanto inutile quanto oneroso per la filiera e la categoria. Un segnale ambiguo perché ancora una volta si tentava di scaricare la responsabilità degli aumenti sugli operatori del settore. In questo modo si colpiva la serietà e il sacrificio di oltre ventimila gestori carburanti che, non avendo alcun potere di determinazione del prezzo finale, tutte le mattine in qualsiasi condizioni meteo si alzano e garantiscono un servizio essenziale al paese: quello di muoversi con il proprio veicolo per andare al lavoro, a scuola, negli ospedali, dai propri, per pochi centesimi al litro. Una situazione insostenibile per la categoria che usciva dall’emergenza Covid in cui aveva dato prova di grande responsabilità e di alto senso civico. Ricordiamo che le nostre strutture di servizio erano state obbligate per legge- in quanto servizio essenziale- ad essere aperte, nonostante il divieto di circolazione e l’obbligo di confinamento domestico per i cittadini, per garantire i rifornimenti ai mezzi di soccorso e di emergenza sanitaria. Dopo quella prova di responsabilità non potevamo accettare di passare per quelli che se ne approfittano. Non potevamo accettarlo dal Governo, dai suoi Ministri, che le leggi le dovrebbe conoscere e avrebbe dovuto saperlo che i gestori non sono titolari del prezzo di vendita che è regolamentato dalle leggi dello stato e dell’Unione europea. Abbiamo reagito con la dichiarazione di sciopero per la dignità della nostra gente. E solo di fronte alla dichiarazione di sciopero il Governo a Palazzo Chigi ha compreso l’errore che aveva commesso ed ha aperto al confronto con la categoria chiedendo di rivedere in tutto o in parte la nostra decisione di chiusura degli impianti che aveva suscitato tanta apprensione nell’opinione pubblica, anche perché era il primo sciopero generale con cui si confrontava il nuovo Governo.
D.- Qui si è registrata una divisione delle Associazioni dei gestori. Perché?
R.- Più che di divisione parlerei di diverse sensibilità. Sui ritardi e le criticità di questo settore, c’è una visione sostanzialmente condivisa tra le associazioni. Le differenze si sono manifestate perché non tutti hanno compreso le opportunità che potevano aprirsi- come si sono aperte- in quel momento di duro scontro con il Governo. Faib da una parte mantenendo lo sciopero ha voluto confermare lo stato di disagio della categoria di fronte alle scelte governative e dall’altra, come tante altre volte in passato, ha voluto dare un segnale di dialogo al Governo per aprire il Tavolo di lavoro per la riforma. I fatti ci hanno dato ragione: oggi tutti dicono che siamo di fronte ad un’occasione storica per il settore, il Tavolo è aperto e la filiera tutta sta lavorando per trovare una sintesi da proporre al Governo che poi farà le sue valutazioni. In quei giorni fummo piuttosto soli. Oggi siamo tutti al tavolo per lavorare all’interlocuzione istituzionale che in questa fase è vitale.
D.- L’unità sindacale della categoria è parsa incrinarsi. A che punto siamo?
R.- L’unità sindacale non è mai stata in discussione. Ci si può dividere come è successo tante volte in passato e succederà ancora. Siamo tutti a difesa della categoria. L’unità si esercita in tanti modi, dai tavoli negoziali alla tutela della categoria, al presidio degli strumenti di welfare, al confronto franco, alla progettualità riformatrice. Diciamo che siamo in una fase di forte dialettica dovuta ai cambiamenti in atto.
D.- come sta cambiando la rete?
R.- L’attuale assetto della rete distributiva dei carburanti rete resta sovradimensionato. Ci sono oltre 5.000 pv che erogano meno di 500.000 litri di carburante l’anno. Altri 5.000 sono tra i 500.000 e un 1.000.000 di litri. Significa che metà della rete è sotto l’erogato medio a livello europeo e solo 4.000 pv erogano più di 2.000.000 di litri. E’ una riflessione presente al tavolo di filiera in cui si stanno approntando proposte da portare al Ministero. Ci sono elementi di eccellenza realizzati grazie e nuove installazioni, ma occorre prendere atto che la rete distributiva è sostanzialmente vecchia, polverizzata e priva di servizi, per un buon 60/70%; una rete che necessita di un processo di profonda riforma e ammodernamento. Questo è il vero problema che abbiamo di fronte, un processo di destrutturazione che ha fatto da ali a meccanismi di sottrazione alla normativa speciale di settore, al crescere dell’illegalità diffusa in materia fiscale e contrattuale, da freno a processi di riqualificazione della rete.
In questo quadro l’emergenza delle emergenze è la violazione contrattuale. Oltre la metà dei gestori italiani sono senza regolare contratto di gestione, senza regole e con margini economici da fame. Per il sindacato questo è il vero problema, e a questo occorre lavorare. Faib al tavolo di filiera ha avanzato proposte precise che stanno trovando la condivisione di tutti i soggetti, per l’obbligatorietà contrattuale e le sanzioni necessarie, insieme alle proposte per la ristrutturazione. La politica seguirà, prendendo atto delle decisioni degli operatori.
D.-La rete italiana come deve attrezzarsi per essere più attrattiva?
R.- Deve intercettare la nuova mobilità dei cittadini. Le nuove esigenze. La società nel suo complesso è cambiata. Ci sono più auto e diversità di motorizzazioni, le famiglie sono cambiate. I cittadini hanno domande economiche diverse. Noi dobbiamo saper interpretarle. Non a caso abbiamo proposto per la prima volta che vengano codificati dei requisiti professionali per accedere alla gestione degli impianti. In questo scenario parlare di smart mobility diventa difficile, se non si interviene per la qualificazione della rete e dei suoi gestori, che hanno diritto alla giusta remunerazione. Il mercato lasciato a sé stesso sta producendo illegalità, decadenza degli asset e dequalificazione degli addetti. Ecco perché è necessario fare la riforma del settore.
L’evoluzione della rete italiana deve rivolgersi ad una maggiore e più articolata offerta di servizi per i consumatori sia sui prodotti energetici, aprendo in modo convinto ai prodotti a bassa emissione, alla mobilità elettrica, ai bio combustibili, che al noi oil, virando decisamente verso la stazione dei servizi integrati ai cittadini. Insomma, la struttura attuale della rete deve essere orientata in funzione dell’evoluzione delle città e delle abitudini dei cittadini e riteniamo debba essere dettata anche dalla particolarità del territorio e dal valore aggiunto della presenza dell’addetto in grado di governare l’area dei servizi complessi e di essere centro di orientamento e riferimento dei cittadini sulla strada. Sulla rete occorre un cambio di prospettiva nell’approccio al tema ristrutturazione della rete e della sua gestione. Al centro vi è principalmente il gestore dell’area e la domanda del cliente consumatore. In questo prospettiva, assume una nuova dimensione l’attuale struttura della rete che può essere riqualificata in funzione delle nuove mission della rete di distribuzione di energie e servizi per la mobilità. In questo senso occorre rivolgere l’attenzione verso i processi di transizione energetica, innovazione digitale e della mobilità. Per Faib la ristrutturazione passa da qui. Guardiamo con molto interesse al Recovery Fund per la transizione digitale che riguardi la filiera e la pubblica amministrazione. Un insieme di interventi molto vasto, con particolare riferimento ai servizi per la comunicazione digitale e la messa in rete dei dati e la velocizzazione dei processi di trasmissione. Ciò si sostanzia, appunto, con una profonda ristrutturazione tecnologica e professionale della rete, dunque con investimenti nella information tecnology e nella formazione, in quella che potremmo definire di strutturazione di software intelligente, e non assoldando personale dequalificato e lasciando andare gli asset. Io credo, infatti, che dobbiamo ribaltare la china che il settore ha preso, sia ad opera della miriade di privati che delle stesse aziende petrolifere strutturate: per realizzare una rete distributiva moderna, efficiente e articolata, con servizi e attività complementari, non abbiamo bisogno di prestatori d’opera, come si sta facendo affidando gli impianti con contratti capestro, senza garanzie, di breve durata e con basse remunerazioni decise unilateralmente di caso in caso, ma di figure professionali quali i gestori dell’impresa di distribuzione di energie e servizi nel suo complesso contrattualizzate nelle forme che verranno appositamente negoziate. Abbiamo di fronte un periodo che sarà caratterizzato da progressive trasformazioni e dal forte e spinto processo di digitalizzazione per l’integrazione delle filiere e l’utilizzo di informazioni e banche dati: se il nostro settore non si attrezza è destinato a finire ai margini della transizione e del mondo che verrà a beneficio di altre tecnologie, come l’elettrico, più integrate. Faib ritiene che questo processo si possa condividere. I Gestori delle stazioni di servizio sono lo strumento più “smart” che può caratterizzare questo processo che non è solo industriale; un gestore è indispensabile per accompagnare il processo di transizione sia digitale che della mobilità e arrivare a dare struttura organizzativa ad una rete distributiva di energie efficiente e di servizi di assistenza di pubblica utilità che necessita di una rete interconnessa efficiente. Questo è il salto in avanti che tutti dobbiamo fare.
Con questo impegno faccio gli auguri a tutti i gestori carburanti italiani che in questi anni, anche in quelli difficilissimi della pandemia, hanno garantito agli italiani di muoversi liberamente e i insicurezza sulle strade d’Italia