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Accordo Esso, gli effetti collaterali e la via maestra

L’accordo tra la Esso e le Federazioni di rappresentanza dei gestori, Faib, Fegica e Figisc, giunto dopo mesi di intense trattative, segna un deciso punto di riferimento per il settore, bloccato da tempo in estenuanti trattative con le Compagnie petrolifere, senza giungere ad intese.
Il rinnovo dell’accordo con la Esso, infatti, rompe un lungo impasse nel confronto tra Associazioni dei gestori e Compagnie petrolifere sulla rete ordinaria e indica al settore la via maestra del negoziato tra le parti in causa per affrontare questa delicata fase di forte crisi del comparto legata sia alla crisi degli erogati sia ad un livello inedito di concorrenzialità e competizione.
L’accordo, pur presentando elementi di forte innovazione nel rapporto tra Compagnia e Associazioni dei gestori, riconferma in modo inequivocabile il ruolo del gestore nella distribuzione carburanti in Italia, consentendo ad entrambi i soggetti quella autonomia necessaria da una parte per consentire ad una grande Compagnia come è la Esso di scegliere liberamente le proprie strategie commerciali ed ai gestori a marchio di rimanere competitivi nel mercato di riferimento, preservando il proprio lavoro, senza rinunciare a quel processo di automazione che appare irreversibile, nel nostro come in altri settori; al tempo stesso valorizzando il servizio e la professionalità che questa Categoria ha saputo mettere a disposizione dei clienti e che viene ancora apprezzata da tantissimi consumatori, che continuano a preferire il “servito”. Il dato significativo è che questo obiettivo venga raggiunto con una società di cultura multinazionale americana, un’azienda che il mercato e la concorrenza la conosce davvero, invece che con aziende petrolifere tutte italiane che, abituate ad un mercato domestico, e in qualche caso addomesticato, ascoltando dubbie sirene del cambiamento, vorrebbero stravolgere questo settore, confezionandosi un mercato a proprio uso e consumo, cacciando il settore in una spirale irreversibile verso il fallimento di tanti addetti, gestori in primis.
L’accordo dice anche che il nostro modello italiano, che con la scusa della globalizzazione altri vorrebbero stravolgere, fatto di capillarità e di presidio del territorio, di servizio ai cittadini e al loro diritto ad una mobilità assistita, conferma la sua funzionalità e conserva l’equilibrio economico necessario al funzionamento, a patto che i vari stadi della filiera petrolifera sappiano mantenere ciascuno per la sua parte i conti in efficienza, senza caricare i vari segmenti di costi improduttivi se non parassitari. I grandi apparati burocratici delle corporate sono un peso che non possono più gravare sulle spalle dei gestori e dei cittadini. La crisi ha tolto l’elasticità necessaria al pricing utile alle compensazioni improduttive che le aziende hanno in casa, che non possono essere ricercate tagliando il margine dei gestori, il cui conto economico è invece sempre più rigido e sempre più esiguo.
I gestori nella delicata trattativa hanno mostrato la maturità necessaria nell’affrontare le diverse fasi del negoziato, mettendo in campo determinazione e disponibilità ad approcciare i temi più impegnativi che il mercato pone alla distribuzione carburanti italiana; la Compagnia dal canto suo ha saputo valorizzare gli sforzi che Faib, Fegica e Figisc hanno immesso sul Tavolo, portando il confronto a livelli di riconoscimento economico e normativo tali da prefigurare una cornice tecnico-gestionale capace di generare una nuova spinta competitiva.
Il confronto svoltosi tra le parti, nell’ambito del quadro normativo di riferimento vigente, e, in particolare, ai sensi e per gli effetti del d.lgs n. 32/1998, dell’art. 19 della L. n. 57/2001, con specifico riferimento all’art. 19, comma 3, così come modificati ed integrati dalla normativa successiva e della L. n. 27/2012 , ha saputo cogliere le rispettive esigenze presenti al Tavolo negoziale, senza quelle pregiudiziali – addirittura contra legem – pretestuose ed irricevibili che erano state portate in altri tavoli aziendali.
Gli effetti si stanno già registrando su alcuni tavoli e presto potrebbero registrarsi anche su altri, sia sotto il profilo del riconoscimento economico e normativo che sotto quello gestionale e di mercato.
Ristrutturazione della rete, recupero di risorse, valorizzazione delle professionalità, rilancio del ruolo del gestore sulla rete per governare i processi di automazione, altrimenti visti come modelli alternativi, sono stati i punti di riferimento del negoziato. Le Federazioni dei gestori hanno condiviso con la compagnia la necessità di affrontare la grave crisi economica che ha determinato una inedita e prolungata contrazione dei consumi e una fortissima spinta concorrenziale; le parti hanno convenuto che la distribuzione carburanti e la viabilità ordinaria risentono, nel contesto generale, di una modificazione strutturale del mercato; e che il settore ha conosciuto negli ultimi anni interventi normativi – sollecitati da più parti – che sono andati nella direzione di una maggiore dinamicità. In questo senso sono state valutate con attenzione le domande che il mercato ha elaborato e condivise scelte strategiche, anche difficili, che riposizionano le opzioni commerciali e ricentrano le politiche di mercato sul gestore, pur in presenza di forti processi di innovazione e automazione.
Alla luce di queste considerazioni le parti negoziali hanno registrato una convergenza sulla necessità di individuare congiuntamente nuovi strumenti economico-contrattuali, in grado di valorizzare la rete Esso e l’operatività del gestore, ritenuto centrale nel sistema distributivo dei carburanti e nella sua gestione, apprezzando in questo senso che la ripresa economica della rete Esso dipende anche e soprattutto dalla capacità e dalla professionalità del gestore di cogliere le esigenze e le richieste della propria clientela e di essere il punto di attrazione di un numero sempre più ampio di clienti del marchio. In questo senso viene ricentralizzato il servizio oil e non oil per dare al cliente delle aree di servizio a marchio un valore aggiunto che il mercato sta perdendo. Sotto questo punto di vista si tratta di una importante novità, già affacciatasi su altri Tavoli, ma che altre aziende non hanno saputo cogliere.
L’accordo conferisce opportunità concorrenziali che altri operatori per cogliere debbono andare in deroga alla normativa di settore e agli accordi in essere, ricorrendo a quella pratica one to one tipica dell’esercizio di abuso di dipendenza economica che diversi tribunali stanno censurando. Ma di questo sono essi stessi i primi responsabili.
Questo accordo, dunque, fornisce un chiaro ed inequivocabile segnale, in un settore dove il confronto negoziale per il rinnovo degli accordi si trascina con stanchezza e sfiducia da oltre due anni, senza giungere ad intese. In alcuni casi poi si assiste addirittura alla latitanza di qualche compagnia.
E’ stato impresso un punto di inversione ed è stato fatto con il secondo operatore del mercato italiano, la prima compagnia privata.
Un risultato importante che premia la determinazione delle associazioni dei gestori ma anche l’intelligenza dell’azienda. E dice inequivocabilmente che le condizioni per procedere ai rinnovi ci sono, nell’ambito delle regole che ci sono, e sono alla portata degli operatori, se c’è buona volontà e buona fede.
Se con la firma escono sconfitti tutti coloro che in questi mesi hanno frapposto, nelle negoziazioni ai tavoli, pretesti e/o accuse al mondo sindacale, colpevole, a loro dire, di non saper leggere l’attuale fase di mercato, coloro che credono nelle possibilità di rilancio della rete diano un segnale di apert
ura, apprezzando che Faib, Fegica e Figisc hanno saputo dimostrare di affrontare le sfide dei tempi nuovi
Siamo convinti che questo passaggio peserà sugli altri tavoli, mentre deve essere chiaro che non ci sarà nessun tentennamento verso chi perseguirà scelte che si sottraggono sistematicamente persino al confronto sindacale.
Al tempo stesso, l’accordo suona o dovrebbe suonare un avvertimento verso tutti gli osservatori istituzionali e di mercato. Le facili analisi, le prediche Antitrust sulla concorrenza a singhiozzo, a seconda dei settori, dei soggetti e degli stadi dei processi economici, dovrebbero trovare nell’intesa raggiunta una sponda favorevole alla riflessione critica sulle peculiarità di un sistema che predefinisce condizioni di mercato con ogni evidenza anomale, dalla struttura oligopolistica che pervade la fase distributiva e logistica, all’integrazione verticale dei soggetti operanti, al vincolo contrattuale dei rifornimenti in esclusiva. In un mercato siffatto, sino ad oggi, l’osservatore istituzionale del mercato sembra più attento alla pagliuzza che non alla trave, come stanno sottolineando gli interventi di alcuni tribunali. La liberalizzazione delle forme contrattuali – nuovamente sollecitata dall’Antitrust – nella versione one to one è pretesa solo da chi vuole aggiungere ancora altre anomalie, rafforzando quella posizione dominante nel negozio contrattuale tra gestore e compagnia già oggi così pronunciata e sbilanciata. In questo senso, si registra, con rammarico, una sintonia grammaticale e temporale tra le raccomandazioni che giungono dall’Antitrust e i sermoni che vengono propinati dalle pagine degli house organ di qualche petrolifera. Dal nostro umilissimo punto di vista l’esercizio della vigilanza sul mercato deve essere informato alla complessità e alle caratteristiche proprie delle realtà economiche e nel caso specifico al forte disequilibrio esistente nel negozio contrattuale di settore.
Accrescere disequilibrio e disuguaglianza nel rapporto gestore compagnia non significa certo apportare più concorrenza, serve solo ad accrescere il potere degli oligopoli, l’esatto contrario della libera concorrenza per l’espletamento della quale qualche proposta era stata avanzata non molto tempo fa dalle stesse Associazioni di categoria.