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Non oil, negoziazione e legislazione di settore per una nuova stagione di sviluppo della rete

 

Le attività non oil esercitate sulle aree di servizio di distribuzione carburanti rientrano a pieno diritto tra gli aspetti disciplinati dalla L. 57/2001, art 19, comma 3 che norma in modo specifico che “Negli stessi Accordi aziendali (quelli tra titolari di Autorizzazioni e Associazioni di categoria previsti dalla normativa di settore ossia il D. Lgs 32/98, la stessa L.57/2001 e la L.27/2012 e il Reg Europeo 720/2022) sono regolati i rapporti contrattuali ed economici inerenti le attività aggiuntive a quelle della distribuzione carburanti”

Lo stesso D. Lgs 32/98 all’art 1 comma 9 aveva già previsto, in combinato disposto con il comma 6 (che definisce modalità e durata dei contratti, secondo le modalità stabilite negli accordi aziendali) la possibilità di commercializzare altri prodotti, alla condizione di una comunicazione al comune e del rispetto della normativa ambientale e sanitaria.

Se tali attività non oil sono esercitate sulla rete carburanti secondo le modalità del franchising, (cioè, prevedono la vendita di merce sotto le insegne del fornitore di carburante derivanti da marchi di proprietà dello stesso o di un terzo indicato dal fornitore di carburante) sono sottoposti oltre che alla disciplina speciale di settore, anche a quella del franchising derivante dalla Legge 6 maggio 2004, n.129.

Per anni, in considerazione della marginalità di tali attività sulla rete carburanti, gli AA EE sottoscritti dalle Federazioni dei gestori e dai titolari di autorizzazioni, (prevalentemente compagnie petrolifere o di distribuzione di prodotti  petroliferi) hanno mancato di disciplinare compiutamente anche questi aspetti derivanti dalla fonte giuridica primaria, sebbene le stesse organizzazioni dei gestori avessero sottoscritto con le Associazioni dei titolari di autorizzazioni, ossia UP-oggi Unem- e Assopetroli, Accordi che in modo anche specifico disciplinano dal lontano 18 novembre 1992 anche gli aspetti del non oil sulla rete carburanti arrivando a normare la durata, i canoni in base alle fasce di erogato, gli oneri di accoglienza nel caso di affidamento delle attività a terzi ed altri aspetti non meno importanti.

Questi Accordi, stipulati sulla base della normativa di settore, rivestono per definizione derivata dalla previsione legislativa carattere assoluto di erga omnes, proprio in quanto precetto legislativo.

Si tratta, dunque, quella della regolazione delle attività non oil di materia già normata con accordi interprofessionali tra le parti (per ribadire che esiste un pregresso oltre quello normativo che ne legittima la richiesta) e che l’evoluzione di queste attività che si è registrata in questi ultimi anni impone una nuova e più puntuale negoziazione in ragione delle varie modalità contrattuali di affidamento e oneri economico/organizzativi a carico degli esercenti.

Questa mancanza va oggi colmata con una nuova cultura della negoziazione e delle relazioni industriali. Lo impongono le mutate condizioni economiche e sociali del paese, la modificata struttura della rete carburanti, i nuovo stili di vita dei cittadini, le innovazioni tecnologiche, le energie alternative che si affacciano prepotentemente sul mercato della mobilità, la diffusione delle attività stesse sulla rete e la ricerca di nuovi modelli di relazioni industriali per la sostenibilità delle aree di servizio oggi mono dipendente dal margine pro litro. Si delinea sempre di più la consapevolezza che la sostenibilità economica di una stazione di servizio non può più derivare dai soli ricavi dell’oil, ma va implementata con il complesso dei ricavi delle attività e dei servizi che il punto vendita è in grado di offrire.

Vanno in questa direzione le esigenze di normare, all’interno degli AA EE sottoscritti tra le Associazioni dei gestori maggiormente rappresentative e le aziende petrolifere e/o titolari di autorizzazioni, anche gli aspetti legati alle attività non oil.

Difatti le attività non oil, pensate ed immaginate quali attività integrative per la profittabilità delle gestioni oil, e, dunque, integrative del modello di business, stanno acquisendo spazi autonomi, importanti e crescenti sulla rete in modo irregolare e al di fuori dell’area negoziale che pure il legislatore in modo perentorio ha prescritto e le Associazioni maggiormente rappresentative della filiera hanno condiviso da tempo.

La crescita di queste attività sulle aree di servizio pone oggi il problema del loro rientro nel perimetro negoziale delineato dal legislatore, in modo coerente dal ’98 fino ai giorni nostri. Gli accordi economici tra le Associazioni dei gestori e i titolari delle autorizzazioni dovranno, dunque in futuro avere una sezione dedicata alle attività non oil e alla loro disciplina economica e normativa.

A maggior ragione in forza delle più diverse e variegate forme contrattuali applicate sulla rete alle attività non oil gestite direttamente dai gestori carburanti, che, se comportano l’utilizzo, per la vendita della merce o la prestazione di servizi, di marchi, insegne etc. del fornitore di carburante o di un terzo, non possono che essere regolamentati dalla Legge 129/2004, sul franchising che, per espressa previsione della Legge stessa (art.1) si applica a tutti i contratti comunque denominati che abbiano tale caratteristica.

Infatti, come si diceva più sopra, anche se tali attività non oil sono esercitate attraverso  contratti di affiliazione, di appalto, di locazione o di affitto di ramo d’azienda, rientrano a tutti gli effetti oltre che nella medesima disciplina speciale di settore, anche in quella della legge  129/2004.

La mancata negoziazione delle attività non oil esercitate oggi sulla rete carburanti incorrono molto spesso- non sempre- in forti elementi di criticità, sfociando nella quasi totalità dei casi nell’ abuso di dipendenza economica sanzionato dalla legge 192/98, art 9 che vieta sensibili squilibri di diritti e obblighi  tra le parti nell’ambito di rapporti commerciali, soprattutto quando questi sono strutturalmente integrati e si realizzano con l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose: dall’imposizione di canoni fuori dagli Accordi sottoscritti e prima richiamati (Accordo del 23 luglio 1998, punto 4) all’imposizione di condizioni di acquisto merce e di gestione e orari non liberamente determinati. Le norme della L. 129/2004 e la consolidata giurisprudenza in tema di caratterizzazione del contratto di franchising vietano in particolare l’obbligo di acquisto esclusivo di prodotti liberamente acquistabile sul mercato a condizioni più vantaggiose. In quest’ultimo caso si configurerebbe un’ipotesi di imposizione di  royalties occulte. Su questo punto c’è un forte orientamento della Giurisprudenza corroborato da ripetuti interventi dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato

Su questi aspetti, anche recentemente è intervenuta la stessa Autorità Garante che ha evidenziato “criticità concorrenziali nell’introduzione nell’ambito dei contratti di franchising di un insieme di condizioni negoziali gravose per mezzo delle quali la società franchisor avrebbe accentrato su di se ogni decisione relativa alle più significative variabili commerciali,  riversando sugli affiliati i propri rischi di impresa e condizionando la possibilità per gli stessi di operare efficacemente sul mercato.”

L’ Autorità Garante tra le clausole potenzialmente abusive, in quanto idonee ad assegnare al franchisor speciali prerogative, ne segnala alcune: i) la definizione del valore e della composizione degli ordini da destinare ai distributori, anche attraverso un controllo di tipo informatico sul singolo punto vendita; ii) meccanismi di riassortimento automatico della merce; iii) l’imposizione di promozione prezzi di rivendita e, al contempo, il divieto di effettuare campagne promozionali, se non a seguito di espressa e preventiva autorizzazione.” In questi casi, secondo l’Autorità, “l’assetto negoziale che ne deriva appare idoneo a privare di ogni autonomia imprenditoriale il franchisee che, di fatto, dopo aver investito nel progetto di affiliazione, si trovava a subire le scelte del franchisor, pur assumendo in proprio il rischio di impresa.”

Ancora l’AGCM, nella recente relazione annuale 2022 sull’attività svolta, segnala le condotte prese in considerazione “ai fini della qualificazione della fattispecie sono state raggruppate in quattro categorie: i) condotte adottate prima della stipula del contratto, idonee a  porre i futuri affiliati in una condizione di assenza di potere negoziale e di alternative di scelta; ii) inserimento di clausole nei contratti di affitto di ramo di azienda e/o franchising particolarmente gravose per gli affiliati, sia sotto il profilo dell’onerosità economica che sotto quello dell’idoneità a limitarne l’autonomia imprenditoriale; iii) condotte adottate durante il rapporto negoziale, idonee a comprimere qualsiasi margine di autonomia decisionale degli affiliati nella gestione delle attività; iv) condizioni economiche di uscita dal sistema del franchisor tali da determinare la traduzione della gran parte degli investimenti degli affiliati in costi di impresa irrecuperabili, a tutto vantaggio del concedente.”

Tali rilievi hanno costretto il franchisor ad assumere impegni formali “consistenti, in sintesi; i) nella modifica dell’intera gestione della fase precontrattuale, in modo da garantire la consapevolezza – da parte degli aspiranti affiliati – dei contenuti del successivo accordo, nonché degli obblighi e degli impegni, oltre che della profittabilità, legati all’attività di gestione…, riducendo anche i costi sostenuti per l’attività di formazione; ii) in un nuovo standard contrattuale, integrato in modo tale da limitare il divario di diritti e obblighi tra il licenziante e la sua rete di franchisee, contestualmente all’instaurazione del rapporto di affiliazione, rafforzando anche la capacità degli affiliati di negoziare, nel corso della relazione, sia la propria adesione a specifiche iniziative suggerite e/o alle indicazioni ricevute dal franchisor, che le eventuali condizioni di uscita dal contratto; iii) nel riconoscimento espresso , all’interno del nuovo standard contrattuale, dell’autonomia dei licenziatari in tema di politiche commerciali e di scelta di taluni fornitori, in modo da garantire  ai franchisee un adeguato margine  di autonomia nelle scelte imprenditoriali, compatibilmente con le necessità di mantenere standard qualitativi e uniformità di immagine adeguati al corretto funzionamento del sistema; iv) nell’introduzione, per  i casi in cui il contratto giunga a scadenza naturale, di un obbligo per il franchisor, su richiesta del franchisee, di riacquisto delle attrezzature e degli arredi effettuati nel  corso del rapporto  contrattuale.

Come si vede, il non oil sulla rete carburanti non è una questione da trattare al modo del Marchese del Grillo C’è una questione di rispetto della normativa speciale e degli Accordi di settore, di equilibrio contrattuale da garantire tra le parti, di rischi evidenti, su un terreno particolarmente scivoloso, di abuso di dipendenza economica, di una complessa attività regolatoria da ricondurre nell’alveo della contrattazione tra le parti per prevenire una conflittualità che potrebbe diventare esplosiva.

Un insieme di aspetti e relazioni, dunque, che vanno messi a sistema nell’ambito delle relazioni industriali tra le organizzazioni dei gestori e le Aziende titolari di autorizzazioni nel più breve tempo possibile, a cominciare dai prossimi rinnovi degli AA EE.