L’Italia si metta nelle condizioni di cogliere le nuove opportunità
La decisione del Coreper (l’organismo che riunisce gli ambasciatori dei paesi membri dell’UE) di rinviare a data da destinarsi il voto sul Regolamento che prevede lo stop dal 2035 alla vendita di auto nuove alimentate a diesel e benzina è una buona notizia per la corretta ed equilibrata gestione della transizione energetica italiana ed europea.
Determinante il ruolo dell’Italia che, con Polonia Bulgaria e Germania, sebbene con posizioni articolate, ha di fatto bloccato l’iter di approvazione del Regolamento che avrebbe messo a bando i motori endotermici dal 2035.
Tale decisione avrebbe comportato una serie di problematiche economiche e sociali insostenibili per il vecchio continente e impresso una direzione ideologica alla transizione energetica, oltre che affrettata, unilaterale e non plurale, calpestando il principio della neutralità tecnologica.
Importante è stata la determinazione del Governo italiano, paese fondatore dell’Unione, che ha saputo coniugare l’esigenza della salvaguardia ambientale e del processo di decarbonizzazione con la sostenibilità del sistema economico e sociale, con i tempi della ricerca sui carburanti sintetici e della necessaria tutela del principio di pluralismo delle fonti energetiche- dalle rinnovabili ai biocarburanti, fondamento dell’economia circolare – e di terzietà tecnologica. Rilevante la posizione tedesca che chiede certezze sul processo di transizione
Questa pausa di riflessione è utile tanto al sistema economico quanto alla tutela concreta dell’ambiente e del clima, in un contesto che non può essere solo europeo ma deve riguardare il mondo in quanto fenomeno globale largamente dominato dalle emissioni di Cina e India Stati Uniti e Russia.
Si tratta di avviare una riflessione sulla base di dati oggettivi che veda coinvolti e partecipi tutti i paesi maggiormente coinvolti, anche con una spinta acceleratrice da parte delle nazioni maggiormente sviluppate e sensibili al tema, ma non in modo velleitario ed unilaterale. Questo certamente per tutelare occupazione, imprese e lavoro a livello europeo ma ancor di più per ricercare giuste e durature soluzioni senza scappatoie e scorciatoie che finiscono nel nulla.
Il doppio principio della pluralità delle fonti e della neutralità tecnologica richiede che sia modificato il tracciato della transizione perché sia credibile e sostenibile, e al tempo stesso proceda nella direzione dell’autonomia energetica senza passare da una dipendenza all’altra o innescare processi di povertà energetica per larghe fasce della popolazione e del territorio.
Occorre affermare senza tema di smentita, che se la transizione ecologica appare necessaria per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici, le modalità applicative delle politiche per la sua gestione non sono neutrali, né per l’ambiente né per i cittadini.
In questo contesto le previsioni energetiche dicono che:
1) almeno per i prossimi 10 anni non ci dovrebbero essere scenari di discontinuità particolare; infatti, le riserve di petrolio e gas tendono a rimanere uguali, nonostante i consumi, e comunque l’esaurimento delle attuali riserve si dovrebbe produrre non prima di 40-50 anni;
2) l’esito della conferenza COP 26 di Glasgow lascia immaginare che la transizione ecologica avverrà, a livello mondiale, con un ritmo moderato, e d’altronde è improbabile che si prendano decisioni che possano sconvolgere le attività produttive e l’economia;
3) anche l’incremento delle auto elettriche dovrebbe essere, almeno fino al 2030, un processo graduale, sia per la lentezza del processo di ampliamento delle infrastrutture di ricarica, in particolare di quelle veloci, sia perché la sostituzione dell’intero parco auto è un processo molto costoso, e obblighi stringenti comporterebbero situazioni di iniquità sociale;
4) la finanza pubblica non appare in grado di sostenere responsabilmente sviluppi drogati del mercato nel medio termine, soprattutto alla luce dell’incremento del debito pubblico in quasi tutti i paesi del mondo a seguito dell’epidemia del Covid-19.
Per quanto riguarda la distribuzione carburanti in Italia, si possono immaginare i seguenti scenari:
1) nel breve termine i prezzi dei carburanti dovrebbero rimanere – per ragioni di scenario internazionale – mediamente alti;
2) sul piano del sostegno governativo ai consumi energetici, il Governo Melone ha annullato il taglio alle Accise sui carburanti che aveva operato il Governo Draghi con una scelta netta a favore di altre opzioni sociali, per evidenti esigenze di bilancio pubblico;
3) in questo quadro, l’impatto della diffusione di mezzi di trasporto elettrici sarà, presumibilmente, molto graduale e limitato ancora fino al 2030;
4) in Italia le auto sono mantenute in funzionamento spesso per più di 3 lustri, lasciando pensare un più lento processo di sostituzione;
5) sussistono diversi problemi tecnici per una diffusione rapida a breve termine della motorizzazione elettrica: dalla scarsa disponibilità di punti di ricarica veloci alle basse performance dei vettori elettrici; dall’impatto sugli spazi pubblici delle colonnine di ricarica, che riducendo sensibilmente le possibilità di parcheggio delle auto, determinerà questioni non secondarie di equità sociale al limitato uso prevalentemente urbano delle auto elettriche;
6) gli impianti di distribuzione carburanti sono naturalmente i nuovi hub energetici: sia di punti di ricarica elettrica super veloce, integrati da pannelli fotovoltaici, sia con i bio carburanti, i carburanti sintetici, idrogeno e quelli tradizionali di nuova generazione sempre più performanti.
La mobilità sta vivendo una fase di transizione difficile, che durerà ancora molti anni, in cui da una parte richiede – con gli utenti delle auto tradizionali – la possibilità di rifornimento, e dall’altra – con gli automobilisti delle nuove motorizzazioni – di dotarsi della strumentazione per la distribuzione delle nuove energie e di punti di ricarica superveloce. Pertanto, la distribuzione dovrà fare un ulteriore salto di qualità, e dall’attuale dimensione multiservizi, dovrà passare ad una impostazione multienergetica, e per fare questo occorrono interventi di riforma del settore e processi formativi per i gestori oltre che investimenti.
Il tavolo aperto al Mimit in questa prospettiva può rappresentare un’opportunità riformatrice importante in termini di ristrutturazione qualitativa della rete- ordinaria e autostradale- in senso ambientale.