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La crisi fa un'altra vittima. Sul settore il macigno di procedere rapidamente ad una profonda revisione

Era uno di noi, un gestore nostro associato. Sempre pronto ad impegnarsi, al fianco dell’Associazione e dei colleghi, convinto che solo insieme si possono trovare soluzioni ai grandi problemi della Categoria.
Era uno di noi, sempre disponibile a dare il proprio contributo per far crescere la Categoria e difendere i diritti dei gestori, era con tutti noi in piazza Montecitorio poche settimane fa, a difendere il posto di lavoro, la dignità del suo lavoro e della sua vita.
Non ce l’ha fatta a reggere il peso di una crisi infinita.
Ci apprestiamo a scrivere queste poche righe con animo colmo di amarezza, come testimonianza di affetto e dovere di testimonianza verso un amico che non c’è più, sopraffatto dallo scoramento.
Con grande dolore dobbiamo registrare ancora una volta il suicidio di un piccolo imprenditore che come tanti altri non ce l’ha fatta a sopportare il peso di una crisi che non vede la fine, impotente verso un sistema di regole ingiuste che esaspera le persone perbene, di fronte ad un mondo distratto e lontano dai problemi reali di tutti i giorni.
Per rispetto del collega e della famiglia, desideriamo non dare le generalità di questo nostro amico gestore né rivelare a quale Compagnia fosse legato. Alla sua famiglia le condoglianze e la vicinanza della Faib che a livello territoriale saprà far sentire la propria fattiva solidarietà.
Di certo l’evento, triste e drammatico, si inserisce in un clima – già dominato dalla crisi dei consumi – in cui l’industria petrolifera non fa nulla per migliorare le relazioni associative, è tutta orientata a massimizzare la debolezza della politica e dei governi incapaci di far rispettare le Leggi dello Stato, a imporre condizioni extra contrattuali, a saccheggiare il margine dei gestori, a invadere l’autonomia contrattuale della parte più debole, decidendo prezzi, margini, modalità, orari, in spregio alla dignità delle persone e delle loro famiglie.
Un sistema che manda in frantumi la dignità personale ed economica, che si avvita sulla giustizia ingiusta, che premia l’autonomia negata e fa dell’abuso di dipendenza la sua prassi abituale: c’è da chiedersi, tale sistema a chi giova? Al cittadino? Ai gestori? Al territorio? Ai servizi? La risposta è certamente no, non serve al cittadino né al Paese.
Dall’altro un sistema bancario che, al pari dell’industria petrolifera, opera in barba alla Legge, nel silenzio e nell’impotenza di uno Stato incapace di imporre il rispetto delle Leggi che il Parlamento, nella sua sovranità, vara; un sistema che palesemente opera a danno delle piccole imprese e dei cittadini per coprire manovre e speculazioni.
Di fatto tutte le mattine, quando tirava su il “bandone” del suo distributore di benzina, il nostro collega doveva fare i conti con il duro lavoro e i problemi che questa Categoria è chiamata ad affrontare, con armi impari nei confronti di un sistema di regole pensato tutto a carico della parte più debole della filiera, dalle incombenze amministrative a quelle finanziarie.
Senza strumentalizzazione ma con amara consapevolezza dei limiti e delle difficoltà dell’essere contemporaneo, vogliamo sperare che si possa arrivare a immaginare una ripresa concreta e vera del confronto, nella direzione della ripresa di un ragionamento condiviso sul futuro del settore.
Il gesto di togliersi la vita è estremo, ultimo, senza appello. E’ la sconfitta definitiva della speranza, del confronto, arriva quando le parole non servono più, quando anche le idee sono sconfitte .
Una società che nega la mancanza di prospettive è essa stessa senza futuro, condannata a deperire.
Il timore è che questo settore stia correndo verso il suicidio collettivo.